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‘++Covid, il Coronavirus porterà meno fatturato nel 2021 per il 61% delle imprese

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MILANO Per il periodo dicembre 2020 – febbraio 2021, il 61,5% delle imprese prevede una contrazione del fatturato rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. Nel 40% dei casi il calo è previsto tra il 10 e il 50%, nel 15,1% di oltre il 50% e nel 6,4% di meno del 10%.
In termini prospettivi la maggior parte delle imprese (52,5%) conferma l’andamento sperimentato nel periodo giugno-ottobre 2020. Nei rimanenti casi invece, prevale un giudizio più negativo. Quasi una impresa su quattro (226 mila unità, pari al 22,6% delle imprese e al 18% dell’occupazione) prevede un peggioramento e il 18,0% (180mila) non è in grado di fare previsioni.
Le valutazioni negative sono diffuse nei settori più colpiti dalla crisi, ossia servizi di alloggio (42,1%), ristorazione (31,9%), agenzie di viaggio e tour operator (35,8%), attività sportive, di intrattenimento e divertimento (32,2%) e attività creative e artistiche (31,6%).

La  potenziale diminuzione di fatturato nel prossimo anno è stata valutata dall’Istat anche su scala geografica, dividendo l’Italia in macro zone.
A livello territoriale, la quota di imprese che attendono una diminuzione del fatturato è lievemente maggiore nelle regioni del Nord (Nord-est 24,6%, Nord-ovest 23,3%, Centro 22,1% e Mezzogiorno 20,4%). Sul fronte opposto sono circa 69 mila le imprese che prevedono un miglioramento rispetto alla dinamica registrata nel periodo giugno-ottobre (6,9% del totale delle imprese e 8,7% dell’occupazione); l’incidenza è maggiore tra le aziende più grandi (l’11,8% rispetto al 9,6% delle medie imprese e al 6,7% di piccole e microimprese) e nel Mezzogiorno (8,6% rispetto al 6,8% del Centro e al 6% del Nord).

La necessità di adottare misure sanitarie e adeguare i processi produttivi al fine di ridurre il rischio di contagio ha riguardato la quasi totalità delle imprese Italiane con almeno 3 addetti. Solo l’1,4% (che rappresenta una quota inferiore al punto percentuale in termini di addetti) ha dichiarato di non averne presa alcuna.
Tali misure, che possono essere raggruppate in sanitarie (sanificazione e DPI), organizzative (rotazione del personale e modifica delle procedure per clienti e fornitori), di informazione e triage (inclusi tamponi ed esami sierologici) e di politiche del personale (formazione ed esenzione delle categorie protette), hanno rappresentato un costo talvolta rilevante per le imprese.
L’83,7% delle unità produttive, che occupa il 92,0% degli addetti, ha applicato almeno una delle misure di prevenzione per ognuna delle categorie. Nel 17,5% dei casi (il 12,0% dell’occupazione) il costo complessivo di tutte le misure è stato considerato poco o per nulla rilevante, mentre per il 23,6% (32,9% dell’occupazione) il costo connesso è stato percepito come rilevante o molto rilevante. Per tutte le categorie di intervento non si osserva una significativa specificità settoriale, mentre la percezione di alti costi risulta relativamente più diffusa nelle medie e grandi dimensioni aziendali rispetto alle micro e piccole imprese.
 
Nel complesso, la sanificazione e la fornitura di DPI è stato considerato un costo rilevante dal 64,8% delle imprese (76,2% degli addetti), mentre nel 33,2% dei casi (pari al 22,4% degli occupati) i costi sono stati considerati poco rilevanti. Solo una quota residuale (2,1%) delle unità produttive non ha approntato misure di sanificazione e fornitura di DPI.
L’11,7% delle imprese (5,6% in termini di occupazione) dichiara di non aver adattato l’organizzazione dei processi produttivi; per il 49,9% (44,3% degli addetti) i relativi costi sono stati poco rilevanti, per il 38,5% (50,2% dell’occupazione) rilevanti o molto rilevanti.
L’informazione e triage non sono stati introdotti dal 3,4% delle unità produttive (1,6% degli addetti). Nel 47,0% dei casi (37,3% in termini occupazionali) tali misure sono state applicate con un costo contenuto o trascurabile che invece è risultato rilevante per il 49,6%

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