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Covid, fase 3: ‘Nessun allarme nelle Rianimazioni’

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MILANO ROMA – Nuovi casi di Covid-19 ancora in risalita in Italia, ma nessun allarme nelle rianimazioni. Massimo Antonelli, direttore del dipartimento di Anestesia e Rianimazione del Policlinico Gemelli di Roma, membro del Comitato tecnico scientifico (Cts) per l’emergenza coronavirus, assicura in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ che “regge bene la rete delle terapie intensive, grazie all’organizzazione che ci siamo dati. I ricoverati non sono aumentati in modo significativo”. Tra gli ingressi in terapia intensiva “c’è una leggera crescita – spiega l’esperto – ma proporzionale all’aumento dei nuovi casi e comunque non preoccupante”.

“Anche i malati gravi sono in numero minimale – rileva Antonelli – La percentuale rispetto ai positivi è sotto l’unità, mentre nel periodo acuto era del 5%. In Italia nei centri di rianimazione sono ricoverate poco più di 50 persone”. Sars-CoV-2 è quindi meno letale? “Forse è così – risponde lo specialista – ma soltanto perché l’età media dei contagiati si è abbassata attorno ai 35 anni, fenomeno legato alle abitudini di vita sociale dei giovani che ha determinato una diffusione rapida del virus”. Virus che “circola – ammonisce il medico – e senza distanziamento basta avere contatti brevi, anche di 15 minuti, con un soggetto infetto per esserne colpiti. Per questo continuiamo a raccomandare di osservare le misure di precauzione che non impongono grossi sacrifici. Indossare mascherina, evitare assembramenti, e igiene accurata e costante delle mani richiedono solo buon senso”.
Un avvertimento rivolto in questo momento soprattutto ai giovani, perché anche loro possono aggravarsi: “Non sono esenti – precisa Antonelli – specie se soffrono di altre patologie, come il diabete. In una recente pubblicazione è stato dimostrato che aver avuto nella stagione invernale altre malattie da virus, anche l’influenza, può favorire l’evoluzione negativa di Covid-19 verso la polmonite. Ora però con l’esperienza guadagnata si è in grado di trattare più precocemente ed efficacemente i pazienti critici, riuscendo spesso a evitare l’intubazione e la ventilazione invasiva”.

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