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Dall'archivio:

Ci mancherà, il coraggio di Giampaolo Pansa ‘da’ Casale Monferrato

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Giampaolo Pansa, uno dei più importanti giornalisti italiani, è morto ieri sera a 84 anni.
Nato il primo ottobre del 1935 a Casale Monferrato, esordì a 26 anni alla Stampa, ma poi ha frequentato le redazioni delle testate più importanti.
Francesco Merlo, oggi su “Repubblica” lo ricorda come “Monferrino timido e ribelle, Giampa aveva il coraggio e la modestia di quella piccola specialissima patria piemontese, il complesso di inferiorità della provincia che è la cuccia di tutti i grandi italiani. Anche da vecchio scriveva ancora per il papà Ernesto, operaio del telegrafi, per la mamma Giovanna che non leggeva i suoi articoli, per la nonna Caterina, contadina analfabeta “che non aveva altra terra se non quella dei vasi da fiori”, la nonna che perse il marito – Giovanni – nei campi, poi perse un figlio – Paolo – che cadde da un’ impalcatura. Ed è a loro che fu dedicato il ragazzo: Giovanni e Paolo, Giampaolo.
C’ era la foga del malessere come risorsa persino nel suo famoso stile che è diventato una scuola.
Sferzante e imprevedibile, ogni tanto si faceva spericolato, come sempre è accaduto ai grandi giornalisti impressionisti che si possono permettere anche la libertà di inventarsi un Kant fatalista di provincia: Fai quel che devi e avvenga quel che può» si inventò un giorno.
Pansa era fatto così, concentrava in sé tutto il bene e il male di un mestiere che si sta inesorabilmente rovinando, la velocità di scrittura, la fantasia delle citazioni, la memoria e l’ amore per la battuta.
Riassumeva se stesso così: “Tutto ciò che resterà della mia vita è quello che ho scritto”. E tutti sapevano che avrebbe scritto pure sui muri, sempre funambolico, la vita come spettacolo – “Scrivo da un paese che non esiste più” fu l’ incipit dal Vajont – e quell’ attenzione dolce per il dolore che è un’ altra delle lezioni più belle di Fenoglio”.

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