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Dall'archivio:

C’era un partito garantista, Forza Italia. Ora solo cacicchi rancorosi

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“Renzi non è neppure indagato. Batterlo è un compito che tocca a noi. Non augurerò mai ad un avversario politico di essere vittima del sistema di persecuzione giudiziaria del quale sono stato vittima io.  La magistratura faccia le indagini che ritiene di compiere, ma la politica non c’ entra nulla con questo. E poi la presunzione di innocenza vale per tutti, anche per le persone vicine a Renzi” (Silvio Berlusconi)

“La posizione di Forza Italia l`abbiamo espressa da subito: garantismo come metodo, senza alcuna deroga” Renato Brunetta

La signora Urania Papatheu, candidata di Forza Italia in Sicilia, è stata condannata in primo grado per vicende legate alla Fiera di Messina. Franco Rinaldi, sempre per Forza Italia, è stato condannato a 3 anni e mezzo per uso illecito dei fondi regionali (sempre in Sicilia). Luigi Cesaro è indagato per voto di scambio, in Lombardia Paolo Alli corre per il Pd ed è sotto processo assieme a Roberto Formigoni. Nel Lazio, sempre il Pd candida due ex consiglieri regionali a processo per le spese legate alla propria funzione.

Tutti loro, sino a sentenza definitiva passata in giudicato, sono politici e cittadini innocenti. E vengono candidati, nonostante le traversie giudiziarie. 

E’ una regola che non è valsa per Mario Mantovani, il quale una colpa in effetti ce l’ha.

Gode di un consenso vero, autentico, reale, forse un filo populista, ma solo chi non ha letto neppure una pagina del professor Marco Tarchi, uno dei maggiori esperti europei sul tema, può considerare il populismo con un’accezione negativa.

Mantovani, dopo una lunga storia imprenditoriale, viene eletto a suon di voti in Europa nel 1999 e nel 2004. Nel 2008 fa il suo ingresso in Senato, trainando il Pdl al miglior risultato di sempre (per il centrodestra). Nel 2013 è il consigliere regionale più votato di tutta la Lombardia.

Deve anche scontare qualche colpa: viene da Arconate, un piccolo paese vicino a Malpensa. Non ha mai dovuto ricorrere a confidenze da inner circle per essere candidato senza avere neppure i voti per essere eletto al consiglio d’istituto nelle scuole dei figli. Per qualcuno, insomma, potrebbe essere un parvenu.

All’alba dell’ottobre 2015, quando viene arrestato e si trova telecamere e taccuini sotto casa alle 6 del mattino, ci sono macchine che passano esultanti di fronte ai suoi familiari per festeggiarne l’arresto. Una degradazione ferina- della politica e della democrazia- che nessuno trova modo e tempo per stigmatizzare.

Mantovani da 3 anni è imputato per corruzione, concussione e turbativa d’asta. ll suo processo si celebra da 1 anno e mezzo al Tribunale di Milano, dove l’ex Vicepresidente di Regione Lombardia ha già incassato un’assoluzione per palazzo Taverna, la caduta di ogni accusa sulla concussione dopo la deposizione del Provveditore alle Opere Pubbliche, Baratono, mentre ora si sta trattando l’accusa sul ben noto bando per dializzati.

Nel mentre viene indagato dalla Procura di Monza per i fatti di Seregno, collegato all’ndragheta e ad Antonino Lugarà, imprenditore che viene scarcerato col Riesame che boccia su tutta la linea l’ipotesi  accusatoria. Cade anche l’accusa di malversazioni sul centro commerciale di una città dove Mantovani è stato due volte per fare campagna elettorale. Subisce un sequestro PREVENTIVO di beni, sul quale non si è ancora pronunciato in via definitiva NESSUN Tribunale.

 

 

 

 

 

E in tutto questo, sapete che c’è? Che Forza Italia- il partito del garantismo liberale e della tripartizione dei poteri alla Montesquieu, il cui leader è stato accusato di bombe e stragi mafiose con ipotesi accusatorie che assomigliavano a trame di film con Franco e Ciccio, il partito che candida condannati, indagati e pure qualche bella signorina discinta, del resto Silvio Berlusconi è lucido e folle visionario che compulsa da anni L’Elogio della Follia di Erasmo- decide di NON candidare Mario Mantovani.

In articulo mortis, a 24 ore o quasi del deposito delle liste. I cacicchi locali, ben contenti di poter pascolare liberamente su praterie dove ormai non devono più misurarsi con uno straordinario raccoglitore di consensi, sorridono nel silenzio della notte. Il tempo adatto, per jene e sciacalli, che si fanno grandi solo nel micragnoso calcolo del tornaconto politico e se ne fottono dei principi.

Ma quale garantismo, ma quali diritti, ma quale reazione.. E così la stampa che si nutre di furore manettaro e giustizialista, e che Forza Italia l’ha sempre e sonoramente presa a calci nel culo, adesso potrà esultare ed assistere al ferimento a morte del nemico (politico e giudiziario).

Forza Italia serve su un piatto d’argento e in un calice adorno il sangue del Mantovani politico ed amministratore, che ha creato 1.300 posti di lavoro ed è impegnato da 30 anni nell’imprenditoria sociale ed educativa.

“Quando in materia di giustizia e di diritto penale si ricorre alla demagogia e alle sue semplificazioni si rischia di smarrire la consapevolezza dei valori complessi, come quelli del garantismo, di invocare la pena a tutti i costi, di non riconoscere il carattere relativo della verità processuale. Le semplificazioni del giustizialismo non distinguono però fra soggetti “deboli” e soggetti “forti”. È vero il contrario: nella logica giustizialista, le garanzie diventano inutili formalismi sia quando si chiede di punire e così di neutralizzare il nemico sociale, il migrante ma oggi anche il povero, sia quando ai giudici si chiede di “vendicare” i torti che abbiamo subito ad opera del “potente” di turno”.

Parole al vento, che non servono a nulla. Da Mantovani abbiamo appreso che Silvio Berlusconi ha proposto il suo inserimento in lista, poi respinto dal tavolo delle candidature (dove siede Renato Brunetta, estensore del ‘garantismo ora e sempre’).

Beh, se fosse così ci spiace che un vecchio e indomito leone come Berlusconi abbia lasciato fare, mentre un tempo si imponeva con forza a miracolati assurti a posti di governo e sottogoverno unicamente perché riflessi della sua luce, un tempo sfolgorante.

E così, adesso, la ghigliottina è servita. Siccome Mario Mantovani sul terreno del consenso non era e non è battibile, lo si affossa col beneplacito della stampa sanguinaria e manettara, lo si lascia  a combattere da solo in un’aula di giustizia e lo si batte nell’unico modo: impedendogli persino di scende in campo. Vittoria a tavolino, 2-0 e tutti a casa.

Beh, che dire.. Il delitto perfetto, un misto di Alfred Hitchcock e di Neil Simon in Invito a cena con delitto. Nel nome del (fu) garantismo. Ei fu. Come Forza Italia, il partito che nell’Anno del Signore 2018 si piega ai manettari e all’accecante giustizialismo giacobino. O forse solo all’opportunità di accoltellare alle spalle un pericoloso competitore.

Ghino di Tacco

 

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