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Campione, leader, leggenda: Kobe Bryant. Di Laura Giulia D’Orso

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Kobe Bryant è stato e sarà una delle figure più polarizzanti nello sport. Credo sia difficile trovare pochi fan dell’NBA o italiani che non abbiano opinioni su di lui e per la maggioranza le opinioni sono accompagnate da una notevole passione. Pochi hanno adattato il linguaggio “amarlo o odiarlo” meglio del Black Mamba.

Di conseguenza c’era una sorta di mentalità che lo circondava. Che si trattasse di attaccarlo o difenderlo, la passione superava la ragione e la maggior parte delle percezioni a lui legate erano sensoriali, mai razionali.

Prima di affrontare qualsiasi cosa, concedetemi un momento di riflessione. Negli oltre 53 anni che ho trascorso su questa terra, ho trovato due cose empiricamente vere sull’umanità. La prima è che nessuno è senza difetti e la seconda è che nessuno è senza virtù. Che si tratti di Trump o di Obama, di Bryant o di James, tutti hanno entrambi. Quando si valuta Kobe, non dovremmo separare il grande giocatore dall’umanità.

Ogni giocatore NBA viene monitorato costantemente dalla Lega e a Kobe non gli era mai stato attribuito il titolo di uomo che lavorava più duramente nell’NBA. Era però sempre ai primi posti quando si trattava di essere molto diligente, agli allenamenti e nei ritiri, ma soprattutto “intenso” negli incontri. Finché “intensità” non sarà un bene misurabile, però, sarà difficile quantificare il valore del giocatore Kobe. Se Kobe valesse davvero “più” di chiunque altro, fosse il migliore, il più intenso, è impossibile da dire, a meno che non si abbia il tratto dell’onniscienza. Tuttavia, non si può negare che lo “abbia voluto” essere. 

Il mio punto qui è che ci sono un sacco di virtù che vanno a fare il cuore di un campione e sembra che Kobe le abbia avute in pugno. Penso che ci siano altri giocatori che hanno un cuore enorme, ma circa il 30 per cento del talento che Kobe aveva. Kobe possedeva un grandissimo cuore ed un grandissimo talento, quindi è facile per noi far combaciare le due cose, ma non sono proprio le stesse.

E’ stato un grande merito per Kobe che giocatori del calibro di LeBron James e Carmello Anthony abbiano raccontato, dopo la loro esperienza alle Olimpiadi, di quanto avessero imparato da Kobe sulla leadership. Sapendo questo, è anche evidente che Kobe non solo aveva cuore e talento ma aveva anche la capacità di trasmettere quell’etica, quell’intensità e quella forza di volontà a chi lo circondava in campo e nella vita professionale.

Lo faceva meglio di chiunque altro nell’NBA. E’ impossibile da negarlo, sapeva comunicare. Parlava in italiano perché era leader e se lo poteva permettere e come uomo ci sono tre cose di Kobe che sono difficili da negare, è stato un campione è stato un leader e resterà leggenda!

 

 

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