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Brexit, Euro e dintorni- di Andrea Pasini

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È passato parecchio tempo da quando il Regno Unito è uscito dall’Eurozona e per buona pace di tutti, sopratutto degli Inglesi questa nazione vive molto meglio di prima e non ha subito nessuna problematica né di tipo finanziario né di tipo economico. Insomma senza ombra di dubbio ad oggi uscire dall’Eurozona è stata una scelta più che corretta alla faccia dei tecnocrati e delle lobby economiche europee  che più volte avevamo pronosticato per l’Inghilterra fuori dall’Europa una disfatta epocale. E così non è stato ! Adesso dopo la Brexit ci auspichiamo che arrivi anche per il nostro paese L’Italexit . L’uscita della Gran Bretagna dall’Europa, voluta e votata dal proprio popolo, aveva fatto scatenare azioni di terrorismo psicologico da parte delle élite tecnocratiche del continente, che avevano messo in guardia da possibili conseguenze disastrose, sul piano economico e politico. La verità è che tutto quel panico era strumentale e totalmente infondato perché senza l’Unione europea si può tranquillamente vivere, e forse anche meglio. Il Moloch di Bruxelles infatti non serve a nessuno, se non alle lobby economico-finanziarie che ne traggono benefici (facendo pressioni sul Palazzo) e alla Germania che la utilizza come dominio esclusivo dal quale arricchirsi, naturalmente sulla pelle delle altre nazioni e degli altri popoli, via via espropriati di identità, di sovranità, oltreché dei propri risparmi. Ridotti a nulla e asserviti ai Poteri forti e invisibili, come da tempo denuncia un leader vero come Vladimir Putin. Allora ben venga la fuga dall’Unione, se quest’Europa fa acqua da tutte le parti. Dal punto di vista delle banche, essa è utile solo a garantire la tenuta degli istituti di credito, chiudendo un occhio sulle loro spericolate azioni finanziarie a danno dei risparmiatori, e promettendo loro fondi extra per evitare il  default, soldi naturalmente mai utilizzati per l’unica causa giusta: far credito alle imprese. Dal punto di vista della politica estera l’Europa è inesistente, incapace di far sentire la propria voce e di esprimere una linea comune e soprattutto di intervenire nelle aree calde del mondo (dalla Libia alla Siria); in materia fiscale, l’Unione sa essere solo soffocante, imponendo vincoli iniqui come il fiscal compact, che bloccano la crescita e ci costringono in uno stato di perpetuo rigore e sofferenza; l’Europa è poi un grande abbaglio dal punto di vista monetario, perché la tanto celebrata creazione della moneta unica non ha fatto che far lievitare i prezzi al consumo e rendere i nostri prodotti poco competitivi nell’export mondiale, penalizzati da un euro troppo forte (lungimiranti, a proposito, le parole di Vittorio Sgarbi, che ha definito l’euro “un furto” fatto nelle nostre tasche).

Brexit text with British and Eu flags illustration

Quanto alla politica agricola comune, assistiamo allo scenario desolante dell’imposizione di quote, che limitano la produzione di generi alimentari in Paesi che pure potrebbero vivere quasi solo di quei prodotti, e alla creazione di normative folli, che stabiliscono misure comuni (così le chiamano) sulla curvatura dei cetrioli o sulla lunghezza delle banane. Per non parlare del punto più dolente, l’immigrazione, che l’Europa non è riuscita né a controllare né a gestire, scaricandone tutto il peso sui Paesi mediterranei (i cosiddetti Paesi “di prima accoglienza”), non applicando mai un vero piano di distribuzione dei migranti (nell’unico caso in cui l’Europa avrebbe dovuto far valere la solidarietà tra i Paesi interni, non lo ha fatto) e soprattutto non chiudendo mai le frontiere esterne, con una strategia che avrebbe potuto scongiurare l’invasione e l’avvento di un continente fatto da “negroidi”, come lo definiva il conte Kalergi. Niente, l’Ue ha lasciato fare, forse non rendendosi conto che era in corso una sfida epocale, per la quale occorrevano un programma a lungo termine e il coinvolgimento di tutti i Paesi, non il solito compitino svolto dai tecnocrati. Ma, a voler pensar male, ed è quello che personalmente credo: si potrebbe sospettare che l’Europa sia stata anche complice di questo progetto, volendo in realtà favorire l’arrivo di massa dei migranti e la trasformazione del nostro continente in una colonia del mondo islamico. È anche la tesi di una delle voci più autorevoli in materia,  Magdi Cristiano Allam, che ha parlato del rischio di modifica dell’Unione Europea in qualcosa di molto simile alla Umma, la Grande Nazione islamica, una sorta di califfato occidentale, connotato da alcune caratteristiche di fondo: il mito della società multiculturale, da cui la mutazione genetica dello stesso concetto di “civiltà europea”; la predispozione a lasciarsi imporre la fede altrui, che diventa terreno fertile perché attecchiscano le versioni più estremiste e radicali dell’islam; la colonizzazione islamica di natura economico-finanziaria che presto si traduce anche nell’applicazione delle sue leggi in materia giuridica (vedi la sharia). Uno scenario preoccupante, ma non troppo remoto, da cui la Gran Bretagna ha voluto tenersi alla larga, almeno finché era ancora in tempo. Perché in ballo qui c’è la nostra indipendenza e la nostra libertà da almeno due “tiranni”: da un lato l’affrancamento dalla sottomissione al mondo islamico; dall’altro il nostro smarcamento dalle élite finanziarie di Bruxelles. E in entrambi i casi è in gioco la possibilità di riappropiarci del nostro destino e di decidere (liberamente, sì) del nostro futuro. Gli inglesi lo hanno già fatto. Quando saremo disposti a farlo anche noi? Mi auguro presto perché ne va del nostro presente, ma sopratutto del futuro dei nostri figli. E sì, perché i nostri figli, intesi come le nuove generazioni di italiani, se noi non lottiamo oggi per garantirci e garantirgli un futuro migliore, purtroppo dovranno vivere una vita da schiavi a casa loro. E questo non lo possiamo assolutamente permettere.

Andrea Pasini, Trezzano Sul Naviglio 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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