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“Biotestamento, limiti e libertà”: pienone a Magenta

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MAGENTA – Il pienone nella Sala intitolata a ‘Mariangela Basile’ la dice lunga  sulla rilevanza dell’incontro di giovedì 15 febbraio a titolo “Biotestamento, limiti e libertà”, organizzato dall’Hospice cittadino in collaborazione con la Comunità Pastorale e l’Associazione ‘Insieme per l’Hospice di Magenta Onlus’.

Dalla prima all’ultima fila e dalle pareti, tappezzate da chi ha trovato solo posto in piedi, l’attenzione e l’ascolto – microfoni in imbarazzante fase terminale permettendo – saranno costanti, perché temi quali  ‘il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento (DAT)’ sono estremamente seri. C’è bisogno e voglia di capire, valutare i contenuti,  confrontarsi sulle perplessità che la recente Legge (n.219/2017) provoca.

Breve saluto del prevosto don Giuseppe Marinoni, poi è il Direttore U.O. Palliative ASST Ovest Milanese (Hospice di Magenta e Cuggiono), Claudia Castiglioni, a sottolineare la necessità del consenso informato.  Comunicazione corretta e veritiera da parte del medico e consapevolezza della diagnosi e della prognosi dal parte del paziente costituiscono, a suo avviso, il punto di partenza per la condivisione di terapie e cure. Termini, questi, che nel linguaggio scientifico non sono sinonimi: se il primo si riferisce alla malattia, e ai rimedi per prevenirla o affrontarla, il secondo riguarda la persona.  Ne consegue che mentre i trattamenti – per la Legge vigente anche nutrizione e idratazione artificiali lo sono –  si possono sospendere quando diventano accanimento terapeutico, le cure mai. “Vi sono malati inguaribili, ma tutti sono curabili”, scandisce la dottoressa che, di nuovo per correttezza linguistica, chiarisce come ‘palliativo’ non significhi ‘inutile’.

“Al contrario, è la cosa giusta da fare per garantire a chi è affetto da un male irreversibile una qualità di vita dignitosa e, del pari, la fine”.   Forte della propria esperienza in Hospice, Claudia Castiglioni si appella al capoverso che recita: “Il  tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”, per riaffermare il valore dell’alleanza tra il medico e il paziente, “che è soggetto della cura, essere irripetibile – con paure e volontà – da sostenere nel fisico e nel morale e da accompagnare fino all’ultimo”.  C’è passione, parecchia, nelle parole del palliatore (o palliatora?!!) che chiude il proprio intervento riferendo delle DAT, ossia il documento personale –  non obbligatorio, mutabile e rinnovabile – nel quale si dà disposizione dei trattamenti sanitari che si intendono o meno accettare nel caso di  ‘incapacità di autodeterminazione’.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quindi,  è la volta di don Roberto Colombo, medico, esperto di bioetica, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, che affronta le questioni con approccio problematico. “Non vi sono solo luci, ma pure ombre nel testo, d’altra parte nessuna legge può essere perfetta”, asserisce, argomentando la drammaticità di un comunicare veritiero e completo in un reparto di Pediatria. Né risparmia critiche al rapporto tra paziente e medico, determinato dalla nuova normativa. “Ampliare il ruolo del malato è giusto, tuttavia il medico non può essere mero esecutore tecnico: così non se ne tutela la professionalità”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se non va bene il modello paternalistico a lungo imperante (dottore più concentrato sulla malattia che sul paziente), non va, neppure, bene quell’autonomistico (paziente che taglia i ponti col medico). Punto ancor più critico e non accettabile per il religioso è il ritenere nutrizione e idratazione trattamenti sanitari.  “Nel  merito la Legge, che riguarda, si badi,  tutti i reparti e non solo quelli di cure palliative, lascia un punto di domanda in molti di noi”, sottolinea. Venendo alle DAT si chiede se il loro anticipo abbia sempre senso. Fa cenno alle difficoltà per i più di scrivere o di prevedere le condizioni nelle quali non si vorranno trovare, unite a quelle di conoscere i trattamenti (e qui proprio non si può che concordare).  “Il termine ‘disposizioni’ potrebbe sostituirsi con ‘dichiarazioni’, quindi  non vincolanti per il terapeuta, come accade, Oltralpe”, suggerisce don Colombo. Una serata tosta, dalla quale si torna diversi da come si è arrivati. Coinvolgimento inevitabile, maggior consapevolezza, risolte alcune incertezze, insorte delle nuove, desiderio di approfondire, tentazione di rimuovere tutto … sì, anche questo, ma la legge, si dice, non ammette ignoranza.

 Franca Galeazzi

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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