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Billy F. Gibbons – “Hardware” (2021), by Trex Roads

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Se amate il rock americano, magari con una spruzzata di hard rock conoscerete sicuramente la band texana degli ZZ Top. Le iconiche barbe dei due leader Dusty Hill e appunto Billy F Gibbons. Una band che negli anni è passata da un blues rock dal sapore polveroso e aspro ad un rock commerciale molto elettronico (nei terribili anni ’80) per poi arrivare ad un hard rock sporco e movimentato. Una band leggendaria che dal natio Texas ha conquistato il mondo, classifiche di vendite e tournée interminabili. Ecco Billy F Gibbons è uno dei chitarristi più importanti e influenti della storia della musica rock, il suo suono sporco e oscillante fra blues e rock ha influenzato generazioni di giovani chitarristi e ancora oggi è ammirato e amato. Il classe 1949 è arrivato ad una tale maturità artistica e un tale livello che ormai sembra quasi stanco della sua band originale e sta cercando vie musicali nuove ma anche vecchie e ha dato inizio ad una carriera solista arrivata alla terza fatica. Ecco l’inizio non è stato dei migliori, nel 2015 esordisce con Perfectamundo, un tentativo mal riuscito a parer mio (ma anche a livello di vendite e critica) di mischiare sonorità caraibiche al blues con una spruzzata di modernità che fa apparire un tentativo di cercare il nuovo, quasi una volontà di stupire a tutti i costi che non ha pagato.

Ecco invece che nel 2018 con Big Bad Blues il nostro Billy si ricorda di essere stato uno dei primi a suonare un certo tipo di blues rock e ci regala un disco stupendo dove la sua chitarra e la sua voce grattugiano l’aria impregnando le casse della polvere del deserto del Texas. Sembrava di essere tornati all’inizio degli anni ’70 quando con i suoi appena nati ZZ Top il buon Billy era pronto a conquistare gli amanti del rock e del blues.
Ma eccoci arrivati a questa nuova fatica, Hardware, 12 pezzi registrati agli Escape Studios vicino a Palm Springs, in pieno deserto della California, fra cactus e serpenti a sonagli che hanno influenzato molto il sound di Gibbons e della sua band.
I riff sporchi e avvolgenti di My Lucky Card mettono subito in chiaro quale sarà la direzione del brano, groove blues rock e tanto deserto. La voce di Billy è come la carta vetrata, ferisce graffia incide e non fa sconti. L’assolo è di una bellezza settantiana, un pezzo che rinverdisce i fasti di un artista talmente importante per il rock a stelle e strisce che fa male pensare che abbia perso così tanti anni dietro al rock commerciale. Un talento che pareva sprecato per sempre.

 

Come ha raccontato lo stesso barbuto texano, il deserto non è solo lo sfondo ma è stato anche ispirazione e lo si sente in tutti i pezzi, chitarre sporche e ritmica serrata ma sempre con quella malinconia di fondo che solo il deserto i suoi spazi, i suoi cieli e i suoi abitanti possono darti.
La successiva divertentissima She’s On Fire risalta per il lavoro della chitarra, le dita di Gibbons volando ancora sicure sulla sei corde e tagliano l’aria come negli anni d’oro.
More-More-More è blues dall’anima rock, riff grasso sporco e quella voce con un marchio e un carattere unici, ma gli inserti dei cori che paiono prendere spunto dal surf rock più che dall’hard rock. Tutto il disco è di difficile ambientazione unica, ci sono pezzi rock, hard rock ma fa capolino anche qualche ispirazione commerciale, come se la voglia di non essere catalogato non abbandoni mai la scrittura di BFG.

La chitarra di certo è sempre in primo piano, protagonista assoluta come nel riff di Shuffle, Step & Slide o nel bellissimo duetto con la band femminile delle Larkin Poe, Stackin’ Bones. Ritmo indiavolato e cori che anche sembrano arrivare dalla vicina California.
C’è anche spazio per una riuscitissima cover della mitica band Texas Tornados, Hey Baby, Que Paso, dove il tex-mex è annaffiato in un bel suono grasso e graffiante.
Il lavoro si chiude con un omaggio all’atmosfera del deserto californiano che come ci ha raccontato Gibbons è stata determinante. Desert High è un pezzo sognante, che pare quasi onirico con la voce parlante così intensa, così roca che viene accompagnata da un ritmo appena accennato e dalla splendida chitarra del texano. Un pezzo che oltre ad essere un omaggio al deserto, pare essere anche un omaggio alla psichedelia rock californiana. Spiazzante certo ma forse il pezzo che più mi ha colpito del disco, diverso si ma davvero emozionante. Testimonia l’abilità di Billy F Gibbons, musicista che quando vuole risulta veramente geniale.
Un disco che con carattere e intensità ci fa attraversare il deserto della California su un auto in corsa, schivando serpenti cactus senza fermarsi mai, tranne quando ammirati alziamo il cielo verso le stelle e ne comprendiamo alla fine l’immensità e la bellezza. Un lavoro che è anche nel titolo una dedica al compianto Joe Hardy, tecnico del suono con gli ZZ Top per oltre 35 anni. Se amate il rock americano non fatevelo scappare.

Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads www.trexroads.altervista.org

nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/hardware-billy-f_gibbons-2021-english/

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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