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Aurelio Livraghi, il cattolico democratico che puntava l’occhio sul bisogno

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MAGENTA – La città di Magenta è culturalmente e socialmente composita, benché le sue origini (quanto meno quelle moderne) siano fortemente frammiste di due elementi: la forza trainante del cattolicesimo sociale e politico e la rilevante connotazione industriale, che fece negli anni Sessanta Magenta uno dei centri economici nevralgici tra Milano, Novara e Torino.

Di entrambi questi lasciti, che il tempo si occupa di rendere ogni anno che passa più remoti e lontani (specie per la desertificazione industriale), Aurelio Livraghi, morto nelle scorse ore a seguito di una malattia che l’ha gradualmente consumato, era un autorevole e luminoso esponente.

Lo ricordiamo nel giorno in cui don Giuseppe Marinoni, cui è stato accanto per anni nella folle visionarietà post tragelliana (e ci riferiamo ovviamente a don Cesare Tragella), presentà il refettorio Non di solo Pane in via Moncenisio.

Aveva il volto contratto, serio, impegnato. Non spese le consuete parole intinte di e nella retorica di certe occasioni. Si concentrò sulla necessità di trasformare NDSP, probabilmente l’intrapresa associativa e solidale più straordinaria degli ultimi anni nell’est Ticino, “in un luogo, ma anche un momento, per accompagnare le persone nella fase del bisogno, aiutandole gradualmente ad uscire dall’emergenza e riacquistare la serenità”.

Per un uomo che veniva da anni di esperienza in seno alla Caritas, e che mise a servizio di NDSP anche la sua formazione ed estrazione professionale e lavorativa, significava molto più che garantire un pasto caldo agli indigenti, che proprio in questo anno maledetto e appena finito hanno infranto a Magenta ogni (triste) primato.

C’era in Aurelio Livraghi l’eredità, chiarissima, della Magenta che crede e compie opere nel solco della Dottrina Sociale della Chiesa e della tradizione impersonificata appunto in don Tragella, l’autore del progetto della basilica, ispirato alle cattedrali rinascimentali e che si occupò di conservare la memoria storica degli eventi della battaglia di Magenta del 4 giugno 1859 con la costruzione di una cappella all’interno della chiesa per accogliere le spoglie dei caduti, benché il progetto non ebbe l’autorizzazione della curia milanese in quanto era ritenuto sacrilego porre delle ossa non appartenenti ai santi all’interno di un luogo di culto. Al 1908 risale la creazione del Forno Cooperativo Ambrosiano, ideato per consentire di avere pane di ottima qualità anche nelle campagne e due anni dopo lasciò Magenta. E persino la pensilina ferroviaria..

Una tradizione rivissuta negli anni di don Giuseppe Locatelli, un altro sacerdote dall’indomito carisma, ed oggi rinverdita dall’azione pastorale di don Giuseppe Marinoni.

 “Quella del cattolicesimo democratico si presenta ancora oggi come una proposta connotata nel senso della costruzione di una società più libera, più aperta, sanamente laica, preoccupata tanto degli istituti quanto dei contenuti sociali della democrazia, ispirata in profondità, senza tentazioni egemoniche, dai valori evangelici. È una proposta in qualche modo elitaria e talora (non senza un pizzico di civetteria intellettuale), “di nicchia”, non amante delle luci dei riflettori e degli scenari televisivi, ma preoccupata di un lavoro culturale dei base capace di coinvolgere sempre più le giovani generazioni e di prepararle a dotare di senso un sistema politico altrimenti destinato ad essere, se non travolto, certo svuotato da un conformismo mass-mediatico che rischia di trasformare le istituzioni democratiche in una sorta di guscio vuoto. In questo senso i “cattolici democratici” intendono essere portatori di un grande progetto di umanizzazione della politica”.

Abbiamo trovato efficace questa definizione del ruolo ricoperto dal 1945 ad oggi da quel cattolicesimo democratico cui abbiamo già fatto riferimento. Un’idealità che oggi appare in difficoltà rispetto al passato, come ogni testimonianza sociale e politica dei cattolici, ma che ha segnato nel profondo sia Magenta che l’est Ticino, dove l’onda lunga dell’azione politica dei cattolici (dal fondatore della Base, Giovanni Marcora, sino a Francesco Prina) ha puntellato l’azione amministrativa e soprattutto sociale.

Giovanni Marcora

Spesso ci chiediamo quali siano (se esistono) le espressioni culturali di segno diverso, ma comunque accomunate dal legame tra pensiero ed azione politica, sociale e culturale, ancora oggi  vive  e vegete a Magenta ed est Ticino. E francamente non ce ne sovvengono di così significative. La nostra è una terra più adatta al fare, che al pensare.

Ma così facendo, senza Pensiero, qualsiasi azione perde di vero significato. Bisogna perciò rendere omaggio, pur se da posizioni culturali diverse (come quelle del sottoscritto), a chi, come Aurelio Livraghi, ha donato se stesso a un’idea intrisa di capacità d’azione, di cultura del fare, del desiderio di incidere sulla vita delle persone e sul loro bisogno.

Senza tutte queste cose non verrà soltano meno lo straordinario tessuto associativo e solidale che connota il Magentino. Ma si sfarinerà, gradualmente e irrimediabilmente, anche la politica.

Fabrizio Provera

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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