ALBAIRATE – A distanza di mezzo secolo appare incredibile come permanga forte e inossidabile l’eredità politica che affonda le radici nella storia di un partito glorioso come la Democrazia Cristiana, che nel piccolo paese attiguo ad Abbiategrasso ha avuto due figure di enorme rilevanza politica, ossia Arnaldo Gramegna ed Angelo Masperi, che hanno governato ininterrottamente dagli anni Sessanta al 2004, quando dopo la morte prematura di Masperi vince Luigi Tarantola, formatosi proprio in quelle giunte.
Nel 2014 sarà Gianni Pioltini, anch’egli della nidiata post Dc, vagamente e tendenzialmente di centrosinistra, a succedere. La stessa storia di Flavio Crivellin, che col suo volto rassicurante da onesto mestierante della politica ha vinto al fotofinish con la vera sorpresa delle elezioni, quell’Emanuele Dotti che si è fermato ad appena 62 voti dal neo primo cittadino.
Campagna dinamica, fresca e innovativa quella di Dotti, che ha dato filo da torcere ai ‘post democristiani’ albairatesi, un paese di case basse, ordinate, cinto dai campi, dalla forte matrice agricola, sereno e desideroso di essere accudito da mani esperte. E autoctone.
Sta tutta qui quella che gli sportivi americani chiamano ‘legacy’, ossia lascito, tradizione. Quella legacy che, dagli anni Sessanta ad oggi, ha costituito la base di uno straordinario ciclo politico ed amministrativo.
Fab. Pro.