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Accoglienza. Di Emanuele Torreggiani

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Stridula fischia la lunga coda di frusta, aria che si squarcia. È lo stile del banditore per richiamare l’attenzione del gran pubblico presente sulla piazza a bovindo sul Bosforo. Venerdì, sono di scena gli schiavi all’incanto. Ragazzini negri. Per le femminucce già si sa; i maschietti finiranno castrati poi rivenduti e infine uccisi. Costantinopoli, il grande divano orientale occidentale dove i due infiniti mondi si incontrano in sorrisi di profonda reciproca ferma crudeltà. La folla di acquirenti, curiosi, borseggiatori già storpi, mendicanti si apre ai colpi decisi dei giannizzeri che maneggiano le canne senza pietà. Le guardie del Sultano scortano un visitatore illustre, di certo un principe. Lunghi favoriti biondi sulle gote bianche, esigue labbra, socchiusi gli occhi consueti al lunare sole del Baltico. Con l’indice guantato indica un ragazzino, avrà sette anni.

Ebano camerunense? non si sa, non si saprà mai. Il venditore chiede, titubante per l’esosità da astuto commerciante, due piastre d’oro. Alla richiesta i presenti ridono e mormorano scuotendo il capo e dandosi di gomito. Impassibile il russo getta ai piedi del mercante le due monete d’oro. Il fabbro schioda le pastoie che fermano il bimbo alle caviglie già torte di calvario. Si saprà, un secolo dopo, che quel bimbo aveva visto morire, durante il viaggio dal Centrafrica agli scafi negrieri, la sua sorellina e di lei ancora, in tarda età egli sillaba il nome, Lahan, mentre fiocca la copiosa neve di San Pietroburgo.

Il principe russo, in visita a Costantinopoli col rango di ambasciatore dello Zar Pietro II, il Grande, ha comprato il negretto come piccolo dono al suo sovrano. Un petit cadeau, dirà rientrando lassù a San Pietroburgo, la capitale delle Russie, dove si parla francese. Pietro II annuisce, adotta il piccolo, crescerà con i suoi figli. Gannibal viene battezzato Abramo Pietro nella chiesa di Santa Parasceva a Vilnius, la Gerusalemme del nord, nell’anno del Signore 1705. Padrino lo Zar di tutte le Russie. Abramo Pietro pattina sulla Neva gelata, guardatelo. Pattina con tutti i suoi fratelli e sorelle figlie dello zar e con lui, piace immaginare, anche Lahan, lì, da qualche parte, invisibile presenza come ovunque i morti finché hanno vita nella nostra memoria.

Da grande sarà generale dell’esercito russo, avrà figli mulatti che, sposandosi, daranno, tra nugoli di nipoti, Alessandro Puskin. Il padre della letteratura russa. Nel suo ultimo romanzo “Il negro dello Zar”, rimasto incompiuto, l’abbozzo di questa storia. Ecco, quando si dice accoglienza.

 

Emanuele Torreggiani

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