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Abbiategrasso, nel fine settimana FRE(E)QUENZE in mostra nei sotterranei del Castello

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ABBIATEGRASSO Conto alla rovescia per  la mostra fotografica “Fre(e)quenze” organizzata da “Uno Sguardo sul Mondo” Photography Factory: l’appuntamento  nei sotterranei del Castello Visconteo ad Abbiategrasso nei giorni di Sabato 3 e Domenica 4 dicembre.

Di seguito la presentazione del progetto  a cura di Andrea Baj e dei suoi sodali.

CHI SIAMO Uno Sguardo sul Mondo nasce, un pò per gioco, nel 2019 da un gruppo di appassionati dell’abbiatense con la comune necessità di crescere e condividere esperienze dal punto di vista fotografico. A Febbraio 2020, con una “tempistica perfetta” prima dell’esplosione dell’emergenza sanitaria per il COVID-19, viene costituita ufficialmente come associazione culturale che parte comunque in quarta, nonostante la chiusura, attivandosi con dirette streaming e incontri on line per i soci e non. Nonostante la nostra recentissima formazione il gruppo ha già all’attivo numerose esperienze sul territorio: corsi di fotografia, uscite fotografiche e culturali, esposizioni e soprattutto laboratori nelle scuole per diffondere, anche tra i più piccoli, la voglia di intraprendere percorsi relativi all’educazione all’immagine. La volontà dell’associazione è quella di crescere come “entità collettiva”: ogni membro può e deve arricchire culturalmente il resto del gruppo con la propria esperienza, idee e proposte in maniera costruttiva. il nostro spettro d’azione è ampio e si rivolge a 360° ad ogni realtà fotografica, senza focalizzarci su stili, generi o tecnologie: il digitale si alterna alla fotografia analogica come il ritratto dialoga con la fotografia astratta. Siamo aperti ad ogni esperienza che ogni socio, dai 5 a 99 anni come i migliori giochi da tavolo, abbia la capacità e la volontà di condividere.

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FRE(E)QUENZE La parola Frequenza nel dizionario viene identificata come “il numero di volte che un fatto si ripete o che un fenomeno avviene in una estensione di tempo più o meno determinata, […] indica la maggiore o minore distanza che separa tra loro le successive manifestazioni, la loro costanza o regolarità”. Gli scatti che troverete in questa mostra si basano su questo fenomeno sia per i singoli e ripetuti movimenti che il corpo esegue quando pratica l’attività sportiva, che per il lampeggiare costante della luce stroboscopica, utilizzata per imprimere le immagini qui esposte. L’idea di questa mostra parte, da un lato, dal desiderio di mostrare qualcosa di diverso, di inusuale e di scenografico dal punto di vista fotografico e, dall’altra, dalla volontà di supportare le associazioni sportive presenti sul territorio abbiatense, più o meno conosciute. La fotografia stroboscopica permette di fermare ogni singolo movimento di un’azione. Spesso sottovalutiamo il lavoro che sta dietro ogni prestazione sportiva, ma quante volte un’atleta ha dovuto ripetere un salto, una battuta, una giravolta, una caduta, prima di arrivare al risultato tanto desiderato. Questo vogliamo sottolineare. Ogni singolo movimento è unico, sudato e prezioso, da non sottovalutare!

Che cos’è la fotografia STROBOSCOPICA? E’ una tecnica fotografica basata sulla ripresa di soggetti in movimento, illuminati da lampi di luce in rapida successione prodotti da particolari lampeggiatori elettronici (lampeggiatori stroboscopici) in grado di produrre serie di lampi della durata di circa un microsecondo ciascuno. Il fotogramma risulta impressionato da una serie di immagini del medesimo soggetto che ne scandiscono così il movimento. Venne ideaao dal professor Edgerton nel 1931 che mentre stava fotografando degli oggetti ad alta velocità di movimento illuminati da una lampadina, essi creavano l’effetto flash o cosiddetto strobo grazie al riflesso della lampadina sulla superficie dell’oggetto. Il fotografo americano riuscì a registrare sulla pellicola una successione di movimenti ravvicinati che venivano tradotti in immagini multiple grazie all’ausilio di numerosi lampeggiatori elettrici sincronizzati che scattavano varie volte al secondo in un ambiente buio. Un mondo sconosciuto all’occhio umano, fatto di velocità straordinarie ed imprevedibili diveniva reale e comprensibile a quanti non immaginavano nemmeno che certi atti motori esistessero. Edgerton ha rivoluzionato la fotografia, fermando il tempo e rivelando l’emozione sconvolgente di immobilizzare il movimento, cogliendo l’elemento sfuggente e invisibile.

 

Quando il movimento diventa magia. Edgerton, 1952 ATTIMI INVISIBILI “La stabilità delle immagini intrappola il caos in una scomposizione del movimento anatomico cogliendone elementi sfuggenti ed invisibili all’occhio umano” Questa frase, ben concepita dal nostro socio Andrea Baj, è perfetta nella lettura dell’immagine della schiacciata del pallavolista della Pro Volley: osservando la foto si nota che i piedi dell’atleta sono paralleli al suolo, con la punta a martello, non sembra saltare, sembra camminare a un metro da terra, elemento che difficilmente si nota quando si osserva il movimento ad occhio nudo. Questa considerazione ha fatto scattare nelle nostre sinapsi la cara e vecchia storia di Eadweard Muybridge e la fotografia de “Il cavallo in movimento” del 1878. Il famoso fotografo britannico nella seconda metà del XIX secolo fece un esperimento sul galoppo di un cavallo allo scopo di capire quando e come realmente gli zoccoli dell’animale erano completamente sollevati dal suolo. Con questo esperimento egli notò che, contrariamente alle convinzioni dell’epoca, espresse principalmente dall’unico mezzo visivo che era esistito fino a pochi decenni prima, ovvero la pittura e le arti grafiche, gli zoccoli si sollevano contemporaneamente dal terreno ma non nella posizione di completa estensione come era raffigurato appunto nei dipinti e disegni giuntici fino ad allora. The 1821 Derby at Epsom Théodore Géricault 1821 Museo del Louvre, Parigi L’analisi del movimento catturato da Muybridge corresse e influenzò così da allora l’attività dei pittori che si affidarono sempre di più al mezzo fotografico per riprodurre in disegno quello che l’occhio umano tendeva a confondere. Creò una vera rivoluzione all’interno della pittura permettendo però che le due arti si influenzassero positivamente e plasmando nuove sinergie. Come venne ideata la foto? Il metodo che utilizzò Muybridge consisteva nel fotografare il soggetto in movimento effettuando scatti successivi con una serie di macchine fotografiche disposte lungo il percorso; per la fotografia del cavallo utilizzò 24 fotogracamere sistemate lungo il tracciato, ogni singola macchina veniva azionato da un filo colpito dagli zoccoli del cavallo. La tecnica utilizzata da Muybridge era la CRONOGRAFIA; egli la continuò ad utilizzare per studiare il movimento di animali e persone e fu il precursore della BIOMECCANICA e della meccanica degli atleti.  COME SI SCATTA UNA FOTOGRAFIA STROBOSCOPICA? È una tecnica fotografica che permette di osservare e studiare un oggetto in moto, come se fosse fermo. Si effettua grazie ad una lampada molto luminosa che lampeggia fino a un centinaio di volte al secondo, la già citata lampada stroboscopica. Quando la frequenza dei lampi coincide con quella del movimento dell’oggetto, questo si vede come fermo, immobile, freezato. È così possibile fotografare su uno stesso fotogramma le sue diverse posizioni durante il moto. Come funziona? Bisogna innanzitutto creare un ambiente buio: noi abbiamo utilizzato un set nero che abbiamo allestito ogni volta a “casa” delle singole associazioni e aspettato il favore delle tenebre per poter scattare. L’unica luce che deve illuminare la scena è quindi quella dello strumento stroboscopico che viene acceso e viene fatto partire quando comincia il movimento e viene azionata la macchina fotografica. Tutto deve essere fatto in modo sincronizzato. Sia la luce dello strumento stroboscopico che i tempi di scatto della macchina fotografica vanno regolati a seconda del tipo di movimento che si vuole registrare; infatti in ogni disciplina sportiva la posizione del corpo deve seguire schemi ben precisi che differiscono tra le varie attività per il tempo di esecuzione. Si fanno quindi scelte tecniche precise e differenti sia per quanto riguarda la frequenza del lampo che per il tempo di esposizione della fotocamera (cioè la velocità con cui si chiude l’otturatore), nulla è fatto a caso! Ad esempio per lo Yoga, dove i movimenti sono più lenti, l’esposizione della macchina è stata di 8 secondi per permettere alla nostra Miriam di poter completare tutta l’asana, mentre per i salti della ginnastica artistica, in cui i movimento sono più veloci e durano molto meno, l’esposizione è stata di soli 2 secondi. Anche la frequenza della strobo ovviamente è stata modificata in base ai movimenti, per renderli più leggibili e a volte invece più scenografici! Il tempo di esposizione è quindi relativamente molto lungo, perché deve durare per tutto il tempo di esecuzione del movimento e non solo per il singolo istante di esso. Ma cosa succederebbe, per esempio, se con gli stessi tempi non utilizzassimo la luce stroboscopica? Vi mostriamo un nostro “errore” durante le riprese del salto all’ostacolo sul campo di atletica. L’errore è stato semplicemente quello di fare partire tutta la “giostra” (ovvero atleta e fotocamera) ma, per distrazione, non la luce stroboscopica. Questo il risultato! Chi mastica un po’ di tecnica fotografica riconoscerà qui una lunga esposizione “classica”. Ecco…anche le nostre sono lunghe esposizioni, ma con la “magia della strobo” come l’abbiamo definita noi, il risultato è stato veramente unico!

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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