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Abbiategrasso: Mauro Dodi, i guasti dell’antipolitica pauperista e l’idiozia al potere

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ABBIATEGRASSO – Nel preannunciare, a noi come agli altri colleghi, la notizia delle dimissioni di Mauro Dodi da super assessore a Bilancio e Personale, Cesare Nai era molto rammaricato. E a ragione. Vuoi per il rapporto di amicizia ultra trentennale che lo lega a Dodi, un passato recente da dirigente di alto livello di multinazionali, un presente e futuro da super consulente aziendale; vuoi perché Nai sa molto bene che treni come quello di Dodi passano poche volte. Noi stessi (in maniera plateale e diretta, come sempre) abbiamo detto più volte che Mauro Dodi era un lusso. Non solo per Abbiategrasso, ma per la politica tout court.

Ricordiamo, negli ultimi 20 anni della politica cittadina, una sola persona di eguale spessore: Alberto Fossati, peraltro molto più ‘politico’ di Dodi. E che, dopo i 5 anni da sindaco, il centrosinistra ha proprio messo da parte (o quasi). Il tema è sempre lo stesso: il vento malevolo e nauseabondo dell’antipolitica predica da anni una riduzione degli stipendi dei politici, a ogni livello. I grillini (e figuriamoci chi altri) o alcuni di essi vorrebbero persino che l’attività fosse svolta a titolo gratuito. Assieme al combinato disposto della crisi dei partiti (di cui i 5 stelle non sono la causa, quanto casomai la preoccupante- per chi scrive- estroflessione), ci capita- da spettatori di consigli comunali dal lontano 1989- sempre più spesso di imbatterci in persone del tutto incapaci, inadeguate rispetto al ruolo, che diventano assessori di città importanti senza sapere la differenza tra una delibera e una determina. Ci capita di vedere gente che non farebbe neppure il responsabile di una  piattaforma rifiuti assurgere a cariche importanti, lasciando campo libero a tecnici e funzionari (specie quelli più scafati).

In un quadro così sconsolante, Dodi rappresentava la classica eccezione: nel Consiglio comunale di due mesi fa dedicato al bilancio pluriennale aveva tenuto un intervento di 20 minuti magistrale, senza eguali nella storia recente di Bià, facendoci tornare ai tempi di Alberto Fossati. Ma come si può pensare di attirare menti di questo valore se un assessore di Abbiategrasso percepisce 900 euro al mese? Non diciamo che andrebbero equiparati gli emolumenti degli assessori a quelli dei parlamentari, ma così non si va avanti. Basterebbe studiare, magari la ricerca del think thank di Matteo Renzi alla prima Leopolda, per sapere che ingaggiare un fuoriclasse porta enormi benefici a una giunta o a una città. Benefici MOLTO MAGGIORI dei costi che implica il loro ‘ingaggio’.

Ieri pomeriggio abbiamo chiesto a Dodi stesso cosa ne pensasse, e lui è stato analitico ed anche diplomatico: “Mi sono sempre considerato un tecnico, non un politico. Ho incontrato persone di valore, tra i colleghi assessori e i funzionari. Il discorso sulla retribuzione è complesso. Sicuramente i dirigenti del Comune di Abbiategrasso, rispetto al settore privato, guadagnano molto poco. Bisognerebbe pagarli di più. Oggigiorno molte persone si dedicano al volontariato in associazioni o gruppi venendo da importanti esperienze professionali e personali. La politica, essa stessa, è una forma alta di volontariato, il fatto è che negli ultimi anni ha perso un po’ di appeal per via di certi comportamenti. I miei figli, ad esempio, sarebbero sicuramente più disposti a fare volontariato piuttosto che impegnarsi in politica. Forse occorre ripartire da questa analisi”. Diplomatico ma anche chiaro. Resta il fatto che in città di 30, 40 o 50mila abitanti pagare un sindaco 2000 o 2500 euro (netti) non aiuta; continueremo ad assistere ad un decadimento qualitativo della classe dirigente, specie se si diffonderanno teorie astruse e balzane, come quelle del pauperismo grillino o di altro segno. O come i corifei dello stop al finanziamento pubblico dei partiti, che ha partorito casi come quello di Luca Parnasi a Roma. Ci mancherà Mauro Dodi, una delle pochissime persone che valeva davvero la pena di ascoltare. Nell’illusione che possa redimere le menti annebbiate di qualche antipolitico, di seguito riportiamo (per la quarta volta in 1 anno) le sempre illuminanti parole di un gigante come Paolo Cirino Pomicino.

Fabrizio Provera

 

“Ricordava Platone che chi non sa fare un paio di scarpe non si metterà mai a fare il calzolaio, così come  chi non sa di medicina non curerà mai gli ammalati. Tutti, però, si ritengono all’altezza di guidare lo Stato e il paese. Nessuna scuola, professionale o classica che sia, potrà mai dare quel profilo culturale e di sensibilità che la politica richiede. È nella vita delle associazioni ma innanzitutto in quella dei partiti che si apprendono e dialetticamente si accettano strategie e programmi. È negli enti locali che si matura la prima esperienza, ci si confronta con il potere amministrativo e con la capacità di applicare le proprie idee nella realtà quotidiana. E infine è nell’attività legislativa parlamentare che si assume una visione d’insieme dei bisogni e delle risposte che essi sollecitano, allenandosi a mantenere sempre viva l’attenzione sugli effetti che una norma legislativa produrrà sul corpo vivo della società e dei suoi legittimi interessi” Paolo Cirino Pomicino

 

 

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