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Dall'archivio:

Abbiategrasso/Consiglio, lo sfogo di Lovati: ‘Rimpiango i tempi di Carlo Riboni’. Anche noi.

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ABBIATEGRASSO – A un certo punto, sconsolato per alcuni fatti accaduti e che non intendiamo riportare, perché abbiamo umana pietà e commiserazione per l’Errore (come categoria spirituale), il consigliere di lungo corso Flavio Lovati ha deprecato il degrado cui la massima assise di Abbiategrasso è regredita.

Lo spettacolo cui effettivamente abbiamo assistito ieri ed anche questa sera, al pari di quanto accade ormai quasi puntualmente, è degradante.

‘Rimpiango i tempi in cui sui banchi diversi dai miei sedevano persone come Carlo Riboni. Quello stile e quell’educazione mi mancano’, ha detto Lovati.

Parole che sottoscriviamo al millimetro. Anche il populismo, categoria politica che mi e ci intriga (basta aver letto Marco Tarchi o Christopher Laasch per capire cosa intendiamo, per gli altri bastino i titoli di Repubblica), ha una sua ratio e delle linee di demarcazione.

Giocare a ‘fare’ il Finiguerra, senza averne milieu, esperienza, doti e retorica, produce figure imbarazzanti. Ci fermiamo qui, senza fare una critica ‘di’ o ‘a’ un partito.

Aggiungiamo solo due pensieri, alti, anzi altissimi, di due autentici giganti: Rino Formica e Paolo Cirino Pomicino. Speriamo che i consiglieri comunali abbiatensi (tutti) le compulsino con estrema attenzione. Estremissima.

F.P.

La forza dei grandi partiti della prima repubblica era questa: saper dire alla gente cos’era e dove stava il sacrificio, quali erano le aspettative da coltivare e quelle da accantonare (Rino Formica)

Ricordava Platone che chi non sa fare un paio di scarpe non si metterà mai a fare il calzolaio, così come  chi non sa di medicina non curerà mai gli ammalati. Tutti, però, si ritengono all’altezza di guidare lo Stato e il paese. Nessuna scuola, professionale o classica che sia, potrà mai dare quel profilo culturale e di sensibilità che la politica richiede. È nella vita delle associazioni ma innanzitutto in quella dei partiti che si apprendono e dialetticamente si accettano strategie e programmi. È negli enti locali che si matura la prima esperienza, ci si confronta con il potere amministrativo e con la capacità di applicare le proprie idee nella realtà quotidiana.

Associazioni, partiti, enti locali, parlamento: solo con questo percorso un gruppo dirigente potrà essere pronto ad assumere un ruolo di governo. Non basta “sapere”. Non basta “conoscere”. La politica è qualcosa di diverso dalle singole professionalità. Anzi, più volte ho insistito che per essere un buon ministro non bisognava essere tecnici di quel settore. Tanto per intenderci, un medico non dovrebbe fare il ministro della Sanità così come un avvocato o un magistrato non dovrebbero diventare ministri della Giustizia. Né si può lasciare la politica economica agli economisti. I cosiddetti tecnici possono essere buoni consulenti o autorevoli burocrati, ma difficilmente buoni ministri perché introducono nell’azione di governo quelle rigidità accademiche e professionali che sono l’esatto contrario della flessibilità chiesta dalla politica. Dirò di più: per fare politica non basta avere buone idee, perché intorno ad essa va costruito il consenso. Senza il consenso le idee diventano puro esercizio intellettuale.

Paolo Cirino Pomicino

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