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Dall'archivio:

Abbiategrasso/2: i parà della Folgore e i soldati di El Alamein sono e saranno sempre EROI. Sentite cosa disse il presidente partigiano Ciampi, amici-compagni di Anpi.. di F.P.

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ABBIATEGRASSO La Folgore MUORE ma non si ARRENDE. L’Ariete combatte ANCORA. Per anni queste parole, riecheggiate nel fragore delle esplosioni durante la leggendaria battaglia di El Alamein nel 1942, quando tutto il mondo si inchinò all’eroismo dei soldati italiani, sono state sui muri di un mio ufficio presso un ente pubblico che ho servito tempo fa.
Ma conta poco o nulla. Perché crediamo che siano rimasti soltanto gli amici-compagni dell’Anpi di Abbiategrasso a spendere le parole che avete appena lette su chi diede la vita in quella tragica (certo: quando muoiono migliaia di ragazzi in divisa è una tragedia) ma nel contempo leggendaria contesa. Sì, leggendaria, cari anpisti. Perché la pace di cui avete goduto e tuttora godiamo è stata possibile soprattutto grazie al sacrificio di quei ragazzi, dei paracadutisti della Folgore, dei soldati dell’Ariete, dei carristi, dei soldati senza più nulla che assaltavano le postazioni nemiche con sommo sprezzo del pericolo e perché (pensate..) sapevano di morire per l’Italia, per una bandiera. Nessuno dovrebbe morire, per una bandiera. Ma è successo. Lo sapete bene, del resto: i vostri antenati partigiani (quelli veri, che non vergavano comunicati stampa ma erano sui monti a combattere e SPARARE) sono morti e hanno ucciso. Hanno ucciso persino partigiani cattolici, come a Porzus; hanno ucciso il fratello di Pierpaolo Pasolini e lo zio di Francesco De Gregori. Quindi resta ben poco da aggiungere al biasimo verso una mostra dove appassionati di geste belliche, di storia militare (potete non gradire, ma neppure dovete biasimare per forza) celebrano quello che TUTTO IL MONDO celebra da 80 anni. Tutti tranne voi, care e cari compagni. Perché avete dimenticato persino quanto disse il presidente partigiano Carlo Azeglio Ciampi nel 2002. Per rinfrescare la memoria ve lo riproponiamo integralmente. Per ricordarvi (anche) quanto coraggio ci vuole, a scrivere certe parole 80 anni dopo quella battaglia. Davvero tanto, ne serve.

Fab. Pro.

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla cerimonia internazionale per il 60° anniversario della battaglia di El Alamein

 

INTERVENTO DEL
SIGNOR PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
ALLA CERIMONIA INTERNAZIONALE PER IL 60° ANNIVERSARIO
DELLA BATTAGLIA DI EL ALAMEIN

El Alamein (20 ottobre 2002)

 

Autorità civili, militari e religiose,
Eccellenze,
Signore e Signori,
Reduci di ogni nazione,

E’ un onore essere oggi qui con Voi.

Ho la vostra età: classe 1920. Come Voi, ho vissuto la mia gioventù in armi, su un altro fronte di quella tragica seconda guerra mondiale che sconvolse il mondo intero. In questo deserto si affrontò per anni la migliore gioventù dei nostri popoli.

In tre epiche battaglie, tra il luglio e il novembre 1942, qui a El Alamein, ogni duna, ogni metro di deserto furono aspramente contesi.
Vicino a noi, un’altura che a malapena si nota, quota 33, divenne una montagna conquistata, difesa, vinta e persa.

Vi combatteste con eroismo, con l’onore delle armi. Tra i memoriali, al km. 111, una lapide italiana ricorda “mancò la fortuna, non il valore”. A nessuno mancò il valore.
In migliaia caddero in quelle tre battaglie. Tanti compagni d’armi, tanti amici della mia gioventù non sono tornati.

Oggi siamo qui, fraternamente uniti, a rendere onore a tutti i caduti di El Alamein: con commozione, con animo riconoscente.
Per anni i loro resti straziati sono stati cercati e ricomposti con religiosa pietà. Siamo grati a tutti coloro che si sono dedicati a questa pietosa opera, che hanno costruito i cimiteri, che hanno innalzato i monumenti per onorare il sacrificio dei caduti.

Qui si sono affrontati oltre 300 mila giovani. Non sapremo mai quanti hanno lasciato la vita in queste battaglie. Molti giacciono senza sepoltura, ma non dimenticati. Oltre 16 mila sono stati raccolti nei sacrari del Commonwealth, italiano e tedesco, eretti alla loro memoria.

Saluto tutti i reduci: avete visto i vostri compagni cadere, avete combattuto e sofferto al loro fianco.

Ogni anno Vi riunite in questa terra d’Egitto, movendo anche da Paesi lontani, come l’Australia e la Nuova Zelanda, dimentichi di essere stati avversari sul campo di battaglia, affratellati dalla memoria viva del dramma allora vissuto.

La guerra divise nazioni e popoli con comuni radici di civiltà e fitti legami di sangue e di amicizia.

Dopo quelle epiche battaglie la guerra durò ancora a lungo.

I totalitarismi furono sconfitti.

Sono trascorsi sessant’anni. Il mondo è cambiato profondamente.
Lo ha cambiato la stessa generazione che si era combattuta a El Alamein. Noi, i sopravvissuti, lo abbiamo giurato nei nostri cuori: mai più guerre fra noi.
Abbiamo cercato di costruire un mondo diverso e migliore, più libero, più giusto.

Le generazioni che non hanno vissuto la guerra devono avere piena consapevolezza delle conquiste di libertà e di democrazia. E difenderle col coraggio e la dedizione che Voi mostraste su questo campo di battaglia.

Molti dei paesi che si affrontarono a El Alamein hanno dato vita, in Europa, al grande progetto di unità e di integrazione dell’Unione Europea.
La Carta delle Nazioni Unite ha recepito l’anelito di pace e la consapevolezza della necessità di un impegno comune.
Ha stabilito le regole di una comunità internazionale che crede nel diritto e nella collaborazione fra gli Stati.

Nei Balcani, in Afghanistan, nel vigilare su una pace talvolta precaria in varie parti del mondo, i soldati delle nostre nazioni assolvono – insieme – compiti difficili e pericolosi.

Oggi siamo ancora una volta insieme in questo deserto, uniti da un comune ideale di civiltà, ad onorare, in questi luoghi che il sacrificio di tanti nostri compagni d’armi ha reso sacri, la memoria di quanti, di ogni Patria e di ogni Nazione, caddero qui combattendo.

Possa il loro sacrificio, la loro memoria assistere noi e le future generazioni nell’affrontare con coraggio e con spirito di pace le prove che ci attendono.

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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