― pubblicità ―

Dall'archivio:

667mila euro di risarcimento a Bruno Contrada. Vergognatevi, manettari e giustizialisti

+ Segui Ticino Notizie

Ricevi le notizie prima di tutti e rimani aggiornato su quello che offre il territorio in cui vivi.

Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

 

Il caso di Bruno Contrada è una grande, immensa vergogna. Arrestato nel 1992, assolto, per la Corte Europea non avrebbe neppure dovuto essere processato. Ha ricevuto un indennizzo di 667mila euro per ingiusta detenzione. Bruno Contrada ha 88 anni. Ma chi lo risarcirà mai, dalla furia giustizialista e manettara? Pubblichiamo la notizia nei suoi dettagli e un commento di Luciano Capone apparsa sul Foglio.

 

 Un risarcimento di 667mila euro per ingiusta detenzione. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Palermo, che ha depositato lunedì la decisione con cui ha accolto la richiesta presentata da Bruno Contrada. L’ex super poliziotto dirigente del Sisde, i servizi segreti civili, era stato condannato a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa in un’intricata vicenda giudiziaria, che aveva poi visto la sentenza dichiarata ineseguibile nel 2015 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo perchè all’epoca dei fatti, negli anni Ottanta, il reato di concorso in associazione mafiosa “non era sufficientemente chiaro, né prevedibile”; una decisione recepita dalla Cassazione nel 2017. Una cifra lontana dai 3 milioni richiesti dalla difesa di Contrada, ma anche dai 10mila indicati dalla Cedu come danni morali.
L’ex 007, 89 anni a settembre, è stato arrestato il 24 dicembre 1992; è stato accusato da diversi collaboratori di giustizia di collusione con Cosa nostra e di avere agevolato la latitanza di Totò Riina. Ha scontato 8 anni, tra carcere e domiciliari.
 “E’ un provvedimento libero e coraggioso, perfettamente in scia con la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo e che ne avvia la giusta esecuzione. Al di là di quanto risarcito, la Corte ha riconosciuto che Contrada non doveva essere né condannato né processato”, rimarca Stefano Giordano, legale dell’ex capo della Mobile di Palermo, “ci riserviamo di esaminare il provvedimento per vedere se ci sono spazi di impugnazione davanti alla Cassazione, valuteremo se non siamo del tutto soddisfatti, ad esempio sul quantum dei danni morali, ma siamo soddisfatti per lo spirito del provvedimento nella sostanza”.
 “Contrada è contento per la conferma della riabilitazione, è l’ultimo step di una storia cominciata nel 1992; si chiude un cerchio non solo con la sua completa riabilitazione, ma anche con il riconoscimento da parte dello Stato del danno da lui subito per l’ingiusta carcerazione”, sottolinea Giordano, pur consapevole della possibilità anche per la Procura di Palermo di fare ricorso, “non ci sono però soldi che possano compensare quanto subito in questi anni”. L’ex 007 “è un uomo provato”, aggiunge il legale, “seppur apprezzi il riconoscimento della riabilitazione al di là di ogni tentativo di inficiarne l’onore, come avvenuto a opera anche di certa stampa e che viola la presunzione di innocenza.
Tra le infamie subite, Bruno Contrada ha dovuto patire quella del pentito che (ingiustamente) accusò Contrada di avere avuto parte attiva nell’assasinio del commissario Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, legato a Contrada da fraterna amicizia. Giuliano è quello coi baffi.
IL PREZZO DELLA LIBERTA’
Ottantotto sono gli anni di Bruno Contrada; dieci ne ha passati in carcere, ventotto negli ingranaggi allucinatori della procedura; seicentosessantasettemila sono gli euro che la Corte d’appello di Palermo gli ha accordato come risarcimento per l’ingiusta detenzione. Provate voi a raccapezzarvi in queste cifre, che sembrano obbedire alla matematica leggendaria della storia sacra, quella dei novecentosessantanove anni di Matusalemme. Come di colpo ci appare misero l’arbitrio che fissa un tasso di cambio tra tempo e denaro, grandezze incommensurabili! “Ho un piede nella fossa, che me ne devo fare dei soldi?”, ha commentato Contrada, e io cerco di calarmi un poco nella sua amarezza. Ripenso a una notazione finissima di Elvio Fassone, magistrato, nel libricino sui suoi ventisei anni di corrispondenza con un uomo che aveva mandato all’ergastolo, “Fine pena: ora” (Sellerio).
Luciano Capone, Il Foglio

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

■ Prima Pagina di Oggi