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Contro i Comuni dei NO, e il terrore da Covid, VIVA I FAL0′ E VIVA LE TRADIZIONI

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

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EST TICINO  Sant’Antonio Abate è il beato del fuoco, protettore del bestiame e dei campi. Egiziano di nascita e morto nel deserto della Tebaide il 17 gennaio del 357, il Santo viene raffigurato con un bastone, il fuoco ai suoi piedi, un Tau e un maiale accanto a lui.
E’ proprio il fuoco l’elemento che più di tutti, oggi, viene utilizzato per ricordare Sant’Antonio. In molte zone d’Italia si accendono falò che simboleggiano la volontà di abbandonare tutto ciò che appartiene ai mesi passati e di rinnovarsi a partire dal primo mese del nuovo anno.

I fuochi purificatori possono essere accompagnati da processioni e celebrazioni che spesso richiamano costumi ottocenteschi. Simbolicamente il falò ha lo scopo magico di riscaldare la terra e invogliare il ritorno della primavera, una visione chiaramente leggendaria che viene tramandata in molte città dove proprio il 17 gennaio si benedicono gli animali e si preparano cataste di legna che si accendono poi al tramonto.

C’erano una volta i falò. Tristissimo, oltre alla tristezza indotta dalla recrudescenza del maledetto virus ARRIVATO DALLA CINA, dover apprendere che oggi praticamente non ci saranno cataste e pile di legna nei campi, specie da noi dove la tradizione agricola è ancora viva e forte, per celebrare sant’Antonio e il nuovo anno.

Il proibizionismo dei Comuni ha fatto il resto. A Sedriano, Vittuone ed Albairate (di loro lo sappiamo con certezza) è stata emessa una ordinanza pressoché identica, vergata nel solito burocratese, che recita così:

In occasione del tradizionale Falò di Sant’Antonio del 17 gennaio, in ottemperanza al divieto di organizzare feste, eventi e manifestazioni che implichino assembramenti all’aperto fino al 31 gennaio 2021 imposto dal D.L. n. 221/2021, non sarà possibile svolgere alcuna manifestazione collegata alla ricorrenza.
Inoltre a causa dell’aumento delle concentrazioni di polveri sottili nell’aria, e considerate le limitazioni previste da Regione Lombardia per abbassare i livelli di smog, è confermato il divieto assoluto di accendere fuochi e falò.
Nel rispetto di tali prescrizioni, anche nel nostro Comune, non sarà quindi possibile effettuare i tradizionali Falò di Sant’Antonio.
Che tristezza. Al di là del fatto che basterebbe leggere i dati del competente assessorato di Regione Lombardia per sapere che da anni la qualità dell’aria nella nostra regione è in deciso e netto miglioramento.
Al di là del fatto, diremmo soprattutto, che un elemento così forte e identitario non può essere ricacciato in un pertugio della memoria per iniziativia di grigi burocrati.
Siamo pur sempre l’Italia dei mille campaninili e dei millanta falò. Pensiamo a quello di

Novoli, dove l’antico rito secolare si svolge appiccando il fuoco ad una pila di stralci di vite, legati tra loro in una fitta rete invalicabile, alta ben 25 metri, che lo rendono il più grande falò d’Europa e del Mediterraneo. La costruzione della grande pila rappresentava un vero e proprio gesto dal valore votivo, un modo per avvicinare la terra al cielo, e rappresenta, allo stesso tempo, il senso di identità ed appartenenza alla propria terra.

Tutti valori dimenticati e sepolti da stregoni del terrore di vario conio, che NON si accorgono di quanto sia esiziale e pericoloso chiudere le persone in casa, a coltivare silenziose solitudini.

Speriamo che questa sera qualche piccolo fuocherello puntelli col proprio bagliore le terre dell’est Ticino. Speriamo che la Forza della Tradizione divampi potente, a incenerire la privazione indotta dai dioscuri del buio. Perché la luce vince sempre sull’oscurità. E allora complimenti ai cittadini del quartiere di Castelletto ad Abbiategrasso, che ieri sera hanno fatto ardere un bel falò. Che sia da monito ed esempio, in una notte (quella di oggi) che si appresta ad essere più buia di altre. 

VIVA I FALO’, VIVA LE TRADIZIONI. ORA E SEMPRE.

F.P.

San Michele, prega per noi

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