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Dall'archivio:

Robecco rivive l’eccidio del 1944 sotto una nuova luce storica, grazie ad Anna Cislaghi e Mario Comincini

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Presentato ieri sera ‘Questo è il giorno della vendetta, non del perdono’, il libro che ricostruisce accuratamente i tragici fatti che portarono alle fucilazioni di piazza

ROBECCO – Avrebbe potuto essere un’altra storia, ammette Mario Comincini nel finale col puntiglio di chi studia da decenni la storia locale dell’Abbiatense e del Magentino.

Ed in effetti, leggendo le pagine del volume realizzato assieme ad Anna Cislaghi, i tragici fatti che portarono alla strage nazifascista del luglio 1944 a Robecco (ancora molto vivi nel ricordo e nel cuore del paese, tanto che ieri sera la sala consiliare di via Dante era piena durante la presentazione del testo), sono emersi fatti e particolari che sino ad oggi erano rimasti sepolti sotto il peso della storia e del tempo.

La serata è stata introdotta da Sandro Grittini (a nome dell’associazione Le Nostre Radici, organizzatrice della serata), il quale ha presentato la copertina del volume ‘Questo è il giorno della vendetta, non del perdono!’, realizzato  Comincini e Anna Cislaghi sulla base delle memorie di Agnese Ceruti (la madre di Anna Cislaghi, un’autentica memoria storica della Robecco nel Novecento).

“Fatti tragici che hanno segnato profondamente l’anima del paese, il compito di storici ed appassionati è quello di scavare sino in fondo perché la memoria sia viva, e venga tramandata ai più giovani”. Presenti al tavolo, ovviamente, anche gli autori.

“Grazie alla famiglia Cislaghi per questa nuova pubblicazione sulla storia locale e robecchese”, ha esordito lo storico abbiatense Mario Comincini. “Grazie anche a Italia Nostra e alla Fondazione Abbazia di Morimondo per aver sostenuto la pubblicazione del testo”.

“Come ogni libro di storia, quello che abbiamo realizzato sulla strage nazifascista del 20 e 21 luglio 1944 non è completo. Abbiamo lavorato sui carteggi e i documenti giudiziari e del processo, nei quali non c’è nulla sugli incarcerati a San Vittore.  Abbiamo anche trovato un carteggio dell’allora cardinal Schuster per chiedere la liberazione di don Gerolamo Magni. La strage di Robecco è stata sprovvista, per anni, di una autentica documentazione scritta, e per molto tempo si è tramandata solo in virtù dei racconti. Robecco ebbe 8 vittime e 9 deportati che non fecero più ritorno”, ha detto Comincini.

La documentazione sul processo e i fatti del 1944 riportano i nomi dei tre imputati per la strage. Gli autori hanno trovato diversi ostacoli, nella ricostruzione dei fatti, come il divieto di consultazione per la presenza di dati sensibili. Il titolo del libro è un documento storico, ossia una frase che fu pronunciata durante l’eccidio. 

E’ toccato ad Anna Cislaghi continuare, presentando il libro come quarta pubblicazione scaturita dai racconti di mia madre sulla storia di Robecco, che nel 2013 compì 100 anni. Ricordi integrati da documenti dell’epoca. Il vuoto cronologico dal 1940 al 1945 è stato colmato grazie al lavoro di Mario Comincini, verso cui la nostra più sincera riconoscenza. 

Una delle nipoti di Agnese Ceruti, Camilla, ha quindi letto un primo estratto del libro, quello in cui la signora Agnese ricorda la genesi dei fatti e l’arrivo dei soldati nell’attuale piazza XXI Luglio a seguito dello scontro a fuoco avvenuto nelle cascine Chiappana (nel territorio di Corbetta) e Tangola. In seguito è toccato a Martina, anch’essa nipote della signora Ceruti. Nel volume si ricorda l’incendio che divampò quel giorno, appiccato dai soldati tedeschi, oltre al resoconto dei documenti esaminati dagli autori.

Lo scontro a fuoco nella cascina dove tutto ebbe inizio, che provoca la morte di un soldato tedesco, provoca la reazione dei nazisti e l’uccisione di tre robecchesi. Dal rastrellamento dei tedeschi scaturì l’incarcerazione a San Vittore, gli interrogatori, l’individuazione di alcuni partigiani e la successiva uccisione di altri 5 robecchesi. 

Secondo i partigiani, l’azione di contrasto ai tedeschi fu di stampo patriottico, “eppure i fatti sono storicamente ancora poco chiari”, ha evidenziato Comincini. Dai documenti esaminati da Mario Comincini, inoltre, emerge anche la non punibilità (sancita all’epoca) e l’assoluzione di alcuni fascisti locali, come Giuseppe Mereghetti, dalla strage robecchese, come anche la non responsabilità del Podestà robecchese di allora- Sacchi- che ricevette rassicurazioni dalle SS sulla non esecuzione della rappresaglia. Promessa che venne disattesa.

Sono poi emerse le non prove della colpevolezza dell’allora messo comunale, Ettore Mainardi, l’assoluzione del Pavanello e il ruolo avuto dagli esponenti robecchesi dell’allora Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) nonché da Enrico Colombo, segretario politico del Partito Fascista, che viene anch’egli scagionato dalle accuse.

Comincini si è poi chiesto chi fossero stati i collaborazionisti che permisero ai nazisti di stilare la lista dei robecchesi da fucilare e deportare; a tal riguardo lo storico ha accennato agli ambienti fascisti di allora attivi in paese.

“Un conto è la verità processuale, un conto è la verità storica. Spesso coincidono, altre  volte in  parte, altre volte niente affatto. Perché? Perché  manca qualcosa per arrivare alla verità storica”, ha rilevato Comincini.

Da ultimo, emerge che la testimonianza di Colombo fece capire come la strage avvenne a Robecco e non a Corbetta (terreno dove sorgeva la cascina Chiappana) perché l’esponente fascista aveva dei parenti proprio a Corbetta. L’amnistia concessa negli anni successivi pose fine ad eventuali ed ulteriori procedimenti giudiziari. Che avrebbero potuto originare- ammette Comincini- un’altra e ben diversa storia.

 

 

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