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Magenta. Iper. Poco dopo l’apertura. La clientela è nazional popolare. Pensionati con l’occhio attentissimo alla spesa. Nati sul finire o poco dopo la guerra (la seconda), i più operai nelle grandi aziende che hanno chiuso per sempre, commisurano la spesa con una pensione modesta nel potere d’acquisto. Talmente modesta che si concedono la carne al prezzo più basso ed un volta sola la settimana. Chi ha una pigione da pagare, o deve aiutare la figliolanza in difficoltà (figli già a loro volta genitori disoccupati, così il radioso presente delle cretinate a 2.0), accollandosi mutui vari, si impedisce la spesa di un caffè al bar: 1 euro. Non scrivo di casi limite. Al contrario, scrivo in sintesi di quel ceto medio impoverito dalla speculazione avvenuta sull’euro, da una deindustrializzazione obbligata (un imprenditore che investe in Italia è un eroe) dettata da una tassazione criminale, da una spesa obbligata dai servizi erogati: gas, luce, riscaldamento, canoni et similia, in cui il peso della tassazione supera il costo dell’oggetto. Inoltre, anziano: polipatologico, spesa sanitaria da integrare con la mano al portafoglio visti i tempi morti della sanità pubblica. Il cosiddetto welfare, che andrebbe tradotto con sistema sociale, si sta smagliando pericolosamente, a mio avviso. Cosa sta producendo per loro il governo? Niente. La politica non li vede, rabbonisce talvolta con mancette umilianti. Di cosa ti parlano questi anziani? Della loro povertà? No. No perché se ne vergognano. Ti parlano dello sconcio di una struttura nuova distrutta da una banda di canaglie che chiamiamo profughi, che tali ovviamente non sono. Ti parlano di un conducente di autobus massacrato da altrettanti profughi, che tali non sono. Ti parlano di come sia possibile che questi sono diventati padroni e spadroneggiano per l’ovunque e fanno e disfano e nessuno, la politica, dice o fa nulla. Anzi li protegge. E non solo. Ti dicono dei vescovi che agli italiani in difficoltà serie prediligono i profughi che tali non sono. Già perché i profughi non arrivano, se non in misura esigua, alle coste per il trasbordo. Non hanno i soldi per pagare i trafficanti di uomini. Non ci sono bimbi scheletrici che l’Africa sub sahariana produce a ritmo fordista. E ti chiedono, come se si avesse la risposta, di cosa sarà già domani di questo mondo, il nostro, non tanto per essi stessi, ma per i loro figli, disoccupati e per i loro nipotini. Sono domande legittime, serie, profonde da rispettare. Perché questa gente, che oggi non conta più niente, si potrebbe dire non conta un cazzo, ieri e l’altro ieri questo mondo, il sistema sociale italiano che è il migliore di tutto il mondo terrestre, l’ha costruito. Lavorando. Lavorando. Lavorando. E risparmiando. La comunità cristiana è questa roba qua. Forse molti vescovi non l’hanno capito, forse non l’ha capito neppure il Papa, questo Papa, ma chi è stato Papa prima di lui, puntava la questione non sull’immigrazione ma sul diritto a non emigrare, che è la vera questione. Che è la questione culturale profonda, autentica e prospettica. Questo ti dicono i vecchi. Il resto è scoria. Cioè la politica grottesca che sta consegnando una cultura millenaria alla baraonda. Una politica atea che gioca, nominalmente, con la terminologia cristiana: caritas senza conoscerne il significato. L’amore non è una parola. Ed un clero, detto massimalisticamente, che non ha ancora compreso che le religione non sono tutte uguali, come beotamente si dice, altrimenti ve ne sarebbe una sola. Ma sono tutte diverse. E che il cristianesimo non è una religione, ma una rivelazione. Che è ben altro. E che Gesù Cristo non è stato il primo socialista o comunista o fancazzista della storia. È stato il primo cristiano. Non si occupava di Cesare, da cui la perplessità di Pilato, ma parlava di Dio. Dio. La divisione del potere era già tutta lì: da una parte il diritto costituzionale, dall’altra la teologia. Cristo non è messo ad amministrare la Palestina o dirimere le liti tra tribù. Parla agli uomini. Alla loro anima. E non confonde il bene e il male. Non dice che è lo stesso. Che va tutto bene. Che deve essere tutto melassato. Dice di non fare il male. Che è ben altro. E si perdona quando chi ha fatto il male lo riconosce. Ora, quel mondo costruito grazie ai frati, i frati di cui scrive anche Umberto Eco nel Nome della rosa, che gli asini citano senza averlo letto, e che sfamarono il popolo allevando il maiale, ora il nostro mondo, sta crollando. Resteranno le macerie che ci seppelliranno e le bande dei marungia che fanno strame della nostra cultura. Quelli che quando ti inculano ti dicono che poi alla fine ti abitui e godi. Contenti voi. Io no.

E.T.

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