Ottofebbraio
Ore diciannoveetrentasette dallo schermo del mio pici, sono appena tornato, seminfreddolito, dall’allestimento della rassegna; e fanno tre le volte che appaio in mezzo al pubblico con le mie storie che congelano, in un attimo, le mille fantasie che ho avuto e che scateneranno, di sicuro, un altro miliardo di eccoli, ma son loro e altri pensieri.
Come quelli dei bimbi che verranno a vedere i quadri e che rideranno di gusto e qualcuno pure si spaventerà dalle braccia dei legni che, nel loro io, penseranno che magari vogliano ghermirli e che io sarò pronto a dissuaderli dallo scappare via, che li convincerò che sono le braccia della mamma del bosco, quella madre che li ninnerà nel bel sonno o che li accompagnerà per i sentieri a scoprire antri meravigliosi, nascondigli dove scovare le lucertole e altre cose che mi verranno in mente quel giorno. Ecco son qua, son qua, con la voglia di fare, di fare, di fare …
Ma la tinozza, il mio “vassoio” è lì, asciutto un pochino e, in effetti, stamane è stato abbeverato e reidrato, se ne sta con i suoi sassi, quelli che ho aggiunto e che mi è venuto in mente di collocare per dare più costrutto a questa sorta di diorama vegetale.