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Dall'archivio:

Morte dell’eros (e del maschio)? E allora evviva Tinto Brass

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Una lodevole iniziativa del Corriere dello Sport riporta d’attualità un grande maestro del cinema italiano, Tinto Brass. Il quotidiano sportivo, da sabato, offre ai suoi lettori una collana di dvd con alcuni dei film più noti del regista veneziano.

Si diceva lodevole, quest’iniziativa. E il perché è lapalissiano. L’immaginario erotico italiano è in prognosi riservata. Schiacciato dalla globalizzazione del cinema che riduce (le idee) per allargarsi (sul mercato); schiantato, nella logica del tutto o niente, dal porno online.

Non c’è spazio per le sfumature (a meno che non siano quelle cinematografiche un po’ frigide, tratte dalla nota trilogia). Il campo è diviso tra il moralismo delle commedie borghesi, tutte prese dal trovare una giustificazione e mille scuse al sesso e la brutalità da catena di montaggio del divanetto nero montato, in stile Ikea, dal pelato di Brazzers insieme alle sue plasticose amiche.

Sono anni bui, i nostri. Abbiamo cominciato cedendo alla (presunta) comicità di American Pie e abbiamo finito a commentare con le emoticon degli schizzi le foto delle giornaliste sportive. Con l’americanata che ha lanciato nel mondo il mito della Milf, il sesso non è stato raccontato più come un’avventura, come il rito di passaggio supremo, quello che dall’infanzia trascina all’età adulta. E che in cambio dei suoi piaceri pretende in cambio la spensieratezza perduta (e sempre rimpianta da Brass).

La mamma di Stifler, la “milf” per eccellenza, non ha nemmeno un grammo della sensualità mediterranea di Serena Grandi che pulisce il polpo davanti alla figlia (la splendida Anna Ammirati) in “Monella”. Non mette in crisi nessuno, la mamma di Stifler; al massimo qualche adolescente brufoloso per troppo (auto)amore. L’eros di American Pie è inesistente, è una burletta che anzi lo esorcizza e che lo tiene nella bolla di un’eterna adolescenza. Senza altre suggestioni che l’ebetitudine ridanciana. La stessa, ormai insopportabile, che vuol far passare per goliarda i commentini da disadattati sotto le foto di Diletta Leotta. O tempora, o mores.

L’eros di Tinto Brass è qualcosa di profondo, connaturato a una civiltà provinciale, rurale, arci-italiana. Le muse di Brass sono bellezze disarmanti, eppure incarnano degli archetipi muliebri. I suoi personaggi sono dei outsider: puttane, monaconi, guardoni, figli di papà, papponi. Dei personaggi forti, su cui svettano quelle dee che seducono prima con gli sguardi, con la potenza evocativa del corpo.

I culi di Brass, da lui così amati, parlano e raccontano storie. Le signorine che ci mettono due ore di film (o millecinquecento pagine di libro) a spiegare perché a loro piace farsi frustare su uno yacht in mezzo al mare da un miliardario che sperano un giorno di cambiare, frignano. E soprattutto, non raccontano niente.

Alemao (da www.barbadillo.it)

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