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Liceo Addio, il (vero) ‘Bramante’ nel ricordo di ET: padre Carlo Pellegrini (FINE)

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Il seminario
Fra l’idea / E la realtà / Fra il movimento / E l’atto / Cade l’Ombra.
(da Gli uomini vuoti di Thomas Stearns Eliot)

Padre Carlo Pellegrini era arrivato a Magenta nel 1965 come Superiore ed insegnante del nuovo Studentato Filosofico Teologico Aemilianum. L’edificio era stato costruito nel quinquennio precedente sull’indirizzo vaticano di delocalizzare i seminari teologici dalla città di Roma. Poi accaddero due fatti probabilmente concatenati: il ‘68 ed il calo delle vocazioni. Fatti prevedibili? Forse sì, ma non è questo il contesto né l’autore è in grado di entrare in analisi di così ampia prospettiva. I seminari dislocati chiusero la loro breve vita anche sulla preoccupazione espressa dal Pontefice Paolo VI relativa alla cosiddetta teologia della liberazione, che allora aveva seguito non solo in America Latina. E sul possente edificio magentino ebbe inizio l’ombra di un lungo tramonto.

Biografia agiografica
E’ meglio andare in una casa in lutto che in una casa in festa; poiché là è la fine di ogni uomo e colui che vive vi porrà mente. (Ecclesiaste 7. 1,6)

Domenica 27 agosto 2000 alle ore 23.15, il somasco Padre Carlo Pellegrini muore. Si trova a Como, nella sua terra natale. E’ assistito da suo fratello, Don Pietro, sacerdote della Congregazione dei Servi della Carità o Guanelliani.
Mercoledì 30 agosto vengono celebrati i funerali di Padre Carlo Pellegrini presso la Basilica del Santissimo Crocifisso. Sono presenti circa centocinquanta sacerdoti. Con il fratello Don Pietro, il Superiore Generale dell’Ordine dei Guanelliani. Celebra l’Eucaristia il Superiore Provinciale dei Somaschi, Padre Roberto Bolis.

Parole, azioni e opere
Padre Carlo Pellegrini nasce il 21 dicembre 1923 a Como. In tenera età viene accolto da Padre Giovanni Ceriani, allora Priore della Basilica del Crocifisso, all’orfanotrofio Santissima Annunciata. Padre Carlo Pellegrini frequenta il prestigioso Collegio Gallio, fondato nel 1583 dal Cardinale Tolomeo Gallio ed affidato ai Somaschi. Nel 1941, a Somasca, Padre Carlo Pellegrini sotto la guida di Padre Antonio Rocco, fondatore delle Oblate della Mater Orphanorum di Legnano, inizia l’anno di noviziato. Nel 1942 emette la professione temporanea, nel 1948 la professione solenne. Nel corso degli studi Padre Carlo Pellegrini incontra, al liceo classico di Corbetta, Padre Luigi Bergadano, figura cardine nella sua vita come in quella di tanti fratelli somaschi e studenti laici. Padre Luigi Bergadano è un uomo di cultura superiore. Conosce alla perfezione la classicità. La sua è una fonte preziosa. Ama ciò che insegna. Collega il mondo classico al quotidiano. Mostra agli studenti come i semi del passato vivano nel presente e che il valore del mondo classico, seguendo Sant’Agostino, si presenta sul palcoscenico della nostra coscienza. Ogni sua lezione dunque è un’epifania. Durante le sue spiegazioni lo spirito vive e ogni studente respira quest’aria sottile e cresce. Padre Carlo Pellegrini, e molti alti confratelli sono stati forgiati alla scuola di Padre Luigi Bergadano e ne hanno serbata sempre ammirazione. A Roma Padre Carlo Pellegrini studia teologia al Pontificio Ateneo di Sant’Anselmo dei Benedettini e conclude il corso con il titolo accademico della Licenza in Teologia. A Roma, il 17 luglio 1949 viene ordinato sacerdote. Rientra nel Nord Italia con l’incarico di insegnare ai seminaristi ed ai chierici di filosofia allo studentato di Camino Monferrato, dove in breve diviene Superiore. Si iscrive alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove nel 1957 si laurea discutendo la tesi: San Girolamo Miani. Contributo alla conoscenza della preriforma cattolica. Nel 1965 Padre Carlo Pellegrini arriva a Magenta come Superiore ed insegnante al nuovo Studentato Filosofico Teologico Aemilianum. Sempre nel 1965 viene eletto Preposito Provinciale della Provincia Lombardo Veneta, rimanendo in carica sino al 1971. Nel 1971 insegna morale nella scuola Convitto per infermiere e Religione al nascente Liceo Scientifico. Nel 1975 viene trasferito a Roma presso la Curia Generale dei Padri Somaschi come consigliere generale, procuratore generale, postulatore delle cause dei santi. Conserverà questi incarichi per 18 anni. Fonda, nel 1970, la collana Fonti per la storia dei somaschi. Nel 1976 dà vita al Bollettino di storia dei padri somaschi Somascha. Per alcuni anni cura la redazione della Rivista della congregazione dei somaschi. E dell’Agenda Somasca. Cura e rivede Costituzione e Regole ed il nuovo testo Proprio della Liturgia delle Ore e delle Messe dell’Ordine dei Chierici Regolari Somaschi. Nel 1986 dà grande impulso alle celebrazioni del V centenario della nascita di San Girolamo Emiliani, fondatore dell’Ordine e riceve da Sua Santità Giovanni Paolo II la Lettera Apostolica Cinquecento anni fa.
La parola e l’azione, il verbo incarnato, segnano la sua strada. Solo così si spiega e dipana il grande lavoro svolto.
La Casa dei Padri Somaschi, il grande edificio retrostante la Chiesa, chiusa ormai da un decennio e non più di Loro proprietà, era stata costruita all’inizio degli anni Sessanta come Seminario Teologico. Non venne completamente ultimata, in quanto Roma avocò a sé l’istruzione teologica ecclesiale; a questo fatto si aggiunse la crisi delle vocazioni, che ne impedì la realizzazione piena.
Dunque Padre Pellegrini fu uomo di lettere… Uomo di matematica… Uomo di organizzazione… Uomo di ragioneria… Uomo di amministrazione… Uomo di pedagogia… Uomo di giurisprudenza…
“Non si esageri adesso…” – sembra suggerire la sua voce. Voce di un semitono roco che addolciva la sua figura che negli anni della maturità si era fatta robusta e lasciava trasparire così l’impronta contadina e ancora dalla terra derivava la sua costante disponibilità nella cura dei piccoli.
Uomo di fede…
“Ah sì!”.

Il Convitto infermieri
Contestualmente al Liceo Scientifico, Padre Carlo Pellegrini seguiva la nascita e la crescita del nuovo Ospedale “Giuseppe Fornaroli”, precisamente la scuola del corso per infermieri. Fu proprio Padre Pellegrini che stipulò la convenzione con l’Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Medicina, per avviare il corso infermieri. Insegnava morale in questa scuola, che nel volgere di pochi anni divenne esempio, formativo e professionale, in tutta Italia. La scuola chiamò alla professione infermieristica migliaia di ragazzi e ragazze provenienti da tutte le regioni della patria. Padre Carlo Pellegrini insegnava morale in questa scuola e, quando venne chiamato dall’Ordine a Roma, mantenne la cattedra. Rientrava dalla capitale, per il giorno di lezione, con il treno della notte… Lo fece per anni, una volta alla settimana, la notte in bianco in seconda classe (non c’era più la terza). Sette, otto ore di viaggio, salvo inconvenienti… Oggi, ovviamente, la scuola per infermieri è chiusa.

Bambini (*)
Contestualmente … al Liceo, alla scuola infermieri, Padre Carlo Pellegrini seguiva i bambini. Già, la Casa dei Padri Somaschi era rifugio per tanti bambini che, allora, si dicevano i bambini abbandonati.
Mangiare, dormire, scuola, giochi, vacanze. I Somaschi erano per quei bambini, padri, madri e tutti i fratelli.

Lavoro … lavoro …
Contestualmente … al Liceo… alla scuola infermieri… ai bambini… alle richieste di lavoro… Padre Carlo Pellegrini seguiva l’amministrazione delle case che i Somaschi avevano ed hanno per il mondo. Diceva Messa, visitava gli infermi, seguiva le difficili, allora più di oggi, trafile per le adozioni; dava un calcio al pallone attraversando il campetto della casa, si faceva prestare un’auto per andare a parlare con un magistrato, con il prefetto, con il sindaco di Milano o Torino e studiava la vita e le opere dei confratelli di cui sarà, negli anni che spese a Roma, severo storico e apologeta.
A Roma …
“Ha fatto carriera…”.
“Santa pazienza!”.

Como (10)
Essere sepolti presso un santo non giova di per se stesso ma in quanto, è un ricordo costante per tenere l’anima del defunto sotto la sua protezione. (da Morali Pastorali – Sulla cura dovuta ai morti di Sant’Agostino).
Piove mercoledì 30 agosto 2000, il lago è di un grigio acciaio. Gli ultimi giorni estivi si danno all’autunno. Padre Carlo Pellegrini viene sepolto accompagnato dai confratelli dell’Ordine. Esce da quella stessa chiesa che lo vide entrare bambino.
Padre Carlo Pellegrini dopo una lunga, tormentosa, malattia affrontata con piena consapevolezza, non lascia conti aperti, non lascia nessun rancore, nessuna parola inconclusa. Lascia la traccia di un lungo tragitto d’amore. Molti in chiesa piangono. Egli è stato nostro padre, nostra madre e tutti i nostri fratelli. Lo dichiara il sacerdote celebrante chiudendo la messa funebre, citazione da una ballata di Friedrich von Schiller: l’addio di Ettore ad Andromaca.
La salma viene poi tumulata a Somasca, al cimitero della Valletta accanto al Santo fondatore dell’Ordine San Girolamo Emiliani.
(4, Continua)

Liceo Addio
Bambini (*)
Ora et labora.
Inverno, estate, primavera, autunno, il basco sempre. Sebastiano non era un ecclesiastico ma un laico, e nei conventi si dice ancora così del frate converso che lavora come famiglio e non ha ordini sacri. Fratello Sebastiano viveva da tempo immemore con i Padri. E siccome in famiglia si arrivò ad accudire sino ad una settantina di bambini trovatelli, dalle elementari alla piena adolescenza, il giro della giornata era pieno. Colazione, scuola, pranzo, compiti, gioco, merenda, cena, pulizia, a letto. Il fratello guidava un pulmino Fiat 850, verde scuro, sette posti. Mercato, macelleria, panetteria… su e giù per la vallata alle cascine dove anche una lira in meno per uova e polli era pur sempre una lira. Solo o con un ragazzo che quel giorno non voleva andare a scuola…, che quel giorno sentiva forte il magone per la famiglia perduta…, che quel giorno era così, spento…. Fratel Sebastiano, attivo dall’alba al tramonto, ora vangava le prose di cornetti e pomodori, ora aggiustava un termosifone che perdeva, ora sostituiva una lampadina bruciata, ora armeggiava intorno ad un ascensore, ora imbarcava piccoli e grandicelli per la cura dell’un con l’altro e se ne andavano, colazione al sacco, per boschi a raccattare castagne e noci e nocciole… ed ogni estate, sul finire dell’agosto il rito della spigolatura per i campi di granturco, poi metteva il pulmino su cavalletti e lo andava a catramare sotto. Sempre il basco calzato in capo.

Neve di Capodanno
E forse io solo / so ancora / che visse.
(In memoria, da L’allegria di Giuseppe Ungaretti)

Al terzo piano, poco dopo la mezzanotte, un uomo si era da tempo disteso sul suo letto in quella camera nella quale viveva dagli inizi degli anni Sessanta con la sapienza, conoscendo infatti la ragione delle cose, che non si sarebbe rialzato più.
Era, e per coloro che lo conobbero, è ancora. Lo si vede scendere, calza pianelle di feltro gommate, un passo senza suono, dallo scalone che conduce alla penombra dell’ampio atrio dove la collimazione delle correnti d’aria monta a leggera brezza. Con attenzione discende gli scalini sfiorando il corrimano, annunciato da un alone di borotalco, indossa la veste lunga, sottobraccio tiene un curioso colbacco in agnellino ed il Libro delle Ore, di frequente una lunga sciarpa l’avvolge al collo esile e lungo. Camminando la scriminatura centrale ondeggia i capelli corti e brizzolati e sul viso, affusolato, il riflesso di un sorriso per un pensiero lontano, una lettura antica, una preghiera presente. Un’ironia costante: “E’ proprio vero che a discendere tutti i santi ti aiutano, è nel salire faticoso che ci si trova soli. E nostro Signore come lo ha insegnato bene… Però, adesso con gli ascensori, insomma…”. Un sorriso, il suo, disarmante ogni preoccupazione dello studente in stallo sull’oscurità della traduzione che alla sua lettura appare quale in realtà essa è: “così semplice, certo non facile” sapendo così egli comprendere con la sua voce baritonale a basso registro.
Nasce nel 1915, a Corneliano d’Alba in provincia di Cuneo, regione del Roero, in un comune di circa duemila anime stabili dall’800, famiglia di agricoltori. Poco più che ventenne si laurea in lettere classiche alla Cattolica di Milano. Ed insegnerà per decenni greco e latino nei licei della Congregazione. Impressionava non soltanto il tradurre simultaneamente, all’impronta, dal greco – al latino – all’italiano, così sarebbe solo tecnica, ma il sapervi cogliere, nello svolgersi della frase, i mutamenti che la parola aveva assunto dalla sua origine all’odierno. “Svernai la guerra”, sua l’espressione significante un costante inverno di cinque anni, a Casale Monferrato insegnando latino, greco, teologia. Poi Corbetta e infine Magenta. E’ sepolto a Corneliano, nella gentilizia tomba di famiglia tra i suoi genitori ed i suoi fratelli che l’avevano avanzato dentro il grande sonno. E’ morto a Magenta, nella sua stanza seminariale il Capodanno del 1985, quell’anno che nevicò così tanto. Si chiamava Luigi Bergadano. Fu il sacerdote al quale il suo superiore, Provinciale del Lombardo Veneto dei Padri Somaschi, Carlo Pellegrini si era rivolto per confidare le preoccupazioni in merito alla prospettata ipotesi del liceo magentino. “Lei Padre Provinciale ha le risorse in grado di superare queste piccole cose di natura economica e poi, parafrasando il Manzoni, possiamo dire che questo liceo s’ha da fare ora”. E così è stato.

Emanuele Torreggiani

Oggi
Senza Dio tutto è permesso. (da I fratelli Karamazov di Fedor Michailovic Dostoevskij)
Tutto demolito.

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