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‘Lasciami volare’: papà Gianpietro racconta Emanuele, martedì 3 a Santo Stefano

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Martedì alle 20.30, negli spazi dell’auditorium di via Aurora 24, la testimonianza del padre che ha perso il figlio 16enne. Presente anche il sindaco Dario Tunesi

SANTO STEFANO – La storia di papà Gianpietro e di Emanuele, il figlio 16enne morto nel 2013 a causa di una pasticca, sta facendo il giro d’Italia.

Martedì 3 ottobre alle 20.30 arriva a Santo Stefano, dove il Comune del sindaco Dario Tunesi ha voluto organizzare una tappa di Lasciami Volare, il tour che da anni vede impegnato Gianpietro nel raccontare la storia del suo dolore, del libro ricavato e della sua associazione. Di seguito un articolo de Il Giornale che ricostruisce la loro storia.

Gianpietro Ghidini li ascolta tutti, come fossero figli suoi. Non li giudica mai, li incoraggia a seguire i loro sogni. Parla con loro nell’aula magna delle scuole, nelle discoteche, negli oratori, nei bar dei bagni balneari e nei palazzetti sportivi, sempre pieni. Finora ha raccontato a 70mila ragazzi la sua storia. La storia di un padre, manager di successo, che perde un figlio e ribalta tutta la sua vita. Lui, 56 anni, nel novembre 2013 sente squillare il telefono nel cuore della notte: «Corri al fiume, è successo qualcosa a Emanuele». Emanuele, 16 anni, dopo aver provato una pasticca di droga a una festa, si getta nel fiume Chiese vicino a casa, a Gavardo, accanto a Salò. È in preda alle allucinazioni, il cervello gli va in corto circuito e in pochi secondi sparisce nelle acque gelide, proprio nel punto in cui da bambino libera il suo pesciolino rosso per non farlo morire nello stagno di casa.

 

«Da quel momento cambia tutto. Assieme al mio Ema perdo anche altre due grosse paure: quella di morire e quella di essere giudicato». Per un attimo Gianpietro, disperato, pensa di farla finita. Ma ha una moglie, Serenella, a cui si è da poco riavvicinato dopo un periodo di separazione, e due figlie: Alessandra, che ora ha 27 anni, e Giulia, che ne ha compiuti 18. Continua a vivere per loro e rilancia su quella vita che gli ha scombussolato cuore e viscere.

Dieci giorni dopo il funerale del suo Ema, apre una fondazione, Il pesciolino rosso, e scrive un libro, Lasciami volare, che da poco è anche diventata un’opera teatrale in uno spettacolo realizzato dal regista Mauro Mandolini. Comincia la missione nelle scuole perché nessun altro ragazzo cada nella trappola che ha spezzato la vita di suo figlio. La sua è una battaglia contro la droga ma si rende conto che il sistema dello spaccio è impossibile da scalfire. Cerca allora di dare delle difese morali agli adolescenti. «Ragazzi, trovate il coraggio di dire no, non diventate schiavi di chi vi vuole rendere tali, tenetevi stretta la vostra libertà e non fatevi manipolare».

Dopo la morte di Emanuele, papà Gianpietro ridisegna tutta la sua vita, cancella ciò che è superfluo e definisce i dettagli delle piccole cose che contano. «Mi sono reso conto che fino a quel momento ho seguito la strada sbagliata». Imprenditore affermato, per tanto tempo è uno di quei padri che lavorano 15 ore al giorno.

Gianpietro trasforma il dolore in qualcosa di più forte. Innanzitutto in una leva per analizzare se stesso e per mettere a fuoco i propri errori. Dalla sua ha un’arma: parlare. Con i ragazzi e anche con gli altri genitori come lui: «Noi genitori abbiamo sbagliato tutto, abbiamo insegnato ai nostri figli che devono essere perfetti e avere successo. Arriviamo da una cultura di materialismo e accumulo, chiediamo sincerità ma abbiamo una vita piena di bugie». «E tante volte i nostri figli ci vedono come carabinieri e non come protettori, per questo non si confidano con noi». Gianpietro fa l’esempio di una ragazza, incontrata poco tempo fa in una scuola. «Era vittima di bullismo e di prese in giro su Facebook da un po’ di tempo. Stava cercando il coraggio di confidarsi con la madre, impresa per lei difficilissima. Ma quando, un pomeriggio, era sul punto di confessare tutto, si è sentita precedere da un “Metti a posto la tua camera, ma è mai possibile che qui dentro è tutto sottosopra?“. La ragazza ha chiuso la porta e non ha più raccontato nulla. Noi genitori urliamo, siamo stressati, vogliamo insegnare la disciplina. Ma la vita interiore dei nostri figli ci è sconosciuta. Signori, cambiamo rotta, così non va. Abbiamo insegnato che conta l’aspetto estetico, andiamo a fondo dell’anima dei nostri ragazzi».

Per info: www.pesciolinorosso.org

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