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Dall'archivio:

La deriva gender e la di-struzione della nostra società

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MAGENTA – Ieri sera, la sala di Casa Giacobbe faceva fatica a contenere tutti i partecipanti all’incontro organizzato dall’associazione Bran.co Onlus in collaborazione con l’avvocato Gianfranco Amato, presidente dell’Associazione Giuristi per la vita e segretario nazionale del Popolo della Famiglia sul tema  “La difesa della famiglia e della vita generata dai due sessi”. Dopo l’introduzione  di Patrizio Bertoni, responsabile del Dipartimento “Tutela della Famiglia” di Bran.co Onlus, la palla è passata all’avvocato Amato che in poco meno di due ore d’intervento ha dimostrato d15977839_1146145592172019_8372335952815718723_n15974859_1146145518838693_6608278596860017917_oarticle-2631472-1DF393B100000578-447_634x570-309x278joven-trans-696x449-696x410ovo può portare l’ideologia gender e quali nefaste ricadute sta già avendo nella costruzione (o forse sarebbe meglio dire distruzione) della nostra società.

Innanzi tutto, Amato attraverso un excursus storico ha evidenziato come il concetto di famiglia, sia antecedente a quello dello Stato. Non stiamo parlando perciò di una categoria, bensì di una realtà – la cellula fondante di qualsiasi società – preesistente all’avvento del diritto e già conosciuta come organizzazione nell’epoca preistorica.

Da lì la spiegazione di cosa si propone a quali sono gli obiettivi dell’ideologia gender. “Ma che cos’è il gender?” si è domandando Amato. Perché è fuori di dubbio che l’utilizzo di questi termini anglofoni generano (volutamente?) confusione cercando di entrare nel lessico comune, senza che gli individui s’interroghino sulla reale valenza di certi vocaboli. “Il gender non è l’identità di genere come vorrebbe la vulgata comune (e politicamente corretta) – ha spiegato Amato – bensì il rifiuto della propria conformazione fisica e biologica (l’essere uomo o donna). Ciò che conta davvero è il come ci si sente. Da ciò ne consegue che oggi posso sentirmi femmina e domani maschio e via di questo passo”. Ma una società in cui il desiderio viene prima dell’essere, è una società nella quale in ultima istanza, l’individuo non ha doveri ma solo diritti, di qualsiasi genere essi siano.

“Ecco perché il desiderio di avere un figlio per il gender è la logica conseguenza  di questo modello che viene propugnato” ha aggiunto Amato. Che poi ha rivelato le conseguenze a cui il gender sta conducendo in diversi Paesi stranieri dove questa corrente di pensiero è riuscita far breccia già da anni. “In Svezia,  ormai c’è un vero e proprio boom dei cosiddetti “gender fluid” vale a dire giovani che sono sessualmente incerti con un incremento del 100% dal 2012 ad oggi”.

A riguardo, basta guardare le ricadute di Egalia una scuola di Stoccolma dove i piccoli vengono apostrofati tutti con il pronome neutro “hen”. Il fatto poi che s’inneschino certi processi fin dalla tenera età è fin troppo chiaro. “Tutti sanno in pedagogia che il bambino tra i 2 anni e i 6 anni inizia a formare la sua personalità e, soprattutto, in questa fascia d’età è letteralmente plasmabile come il pongo” ha osservato il presidente dell’associazione Giuristi per la vita. Ma la deriva, spesso nascosta dalla compiacente censura del “pensiero unico”  va oltre. “Non molti sanno – ha rivelato Amato – che il servizio sanitario britannico offre farmaci per ritardare la pubertà ai bambini.  Un programma che prevede iniezioni mensili nello stomaco al fine di sopprimere la produzione di testosterone e di estrogeni. Una neutralizzazione della naturale produzione di ormoni maschili e femminili che comporta, per i maschi l’interruzione della crescita dei peli sul viso e del cambio di tono di voce e, per le femmine provoca il blocco del ciclo mestruale e dello sviluppo del seno”. Ce n’è già abbastanza per essere per lo meno “disorientati” (usiamo questo vocabolo morbido per non essere tacciati di omofobia…). Molto di quanto raccontato da Amato è raccolto nel volume edito dalla casa editrice Fede & Cultura  intitolato “Gender (d)istruzione”, un libro denuncia dei molti casi segnalati in scuole italiane ed europee di progetti pedagogici basati su un’idea di sessualità e di famiglia relativizzate e liquide, nel segno della negazione della legge naturale in nome di una vera e propria operazione di ingegneria sociale.

Fabrizio Valenti

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