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In difesa dei vitalizi e dei privilegi della politica. Un esemplare discorso di Nilde Iotti del 1982

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Sul quotidiano Il Foglio di ieri è stato pubblicato un estratto di un intervento dell’ex presidente della Camera Nilde Iotti fatto a Londra nel 1982 in occasione della conferenza dei Presidenti delle Assemblee parlamentari europee. E’ stato riproposto integralmente oggi, dal direttore Claudio Cerasa, per aiutare i parlamentari di tutte le forze politiche a capire che stupidaggine è votare contro i vitalizi e contro i privilegi in politica. Si tratta di un discorso che Ticino Notizie sottoscrive alla virgola

 


 

Tutte, o quasi, le Costituzioni degli Stati moderni presentano, secondo uno schema più o meno simile, un complesso di istituti che, variamente denominati (immunità, privilegi, prerogative, guarentigie), ruotano attorno alla netta affermazione dell’autonomia e dell’indipendenza del Parlamento quale massima espressione della sovranità popolare e organo centrale della struttura dello Stato. Si tratta di istituti che affondano le loro radici in epoca medievale, evocando le lotte (a partire dal XIV secolo in Inghilterra) per affermare le prerogative delle Assemblee elettive rispetto al sovrano, e che hanno assunto nuovo significato negli ordinamenti costituzionali moderni derivati dalla Rivoluzione francese e dalla teoria della separazione dei poteri. Esperienze storiche a noi più vicine hanno poi radicato con maggior forza nella coscienza comune tali istituti quando lo scontro politico è divenuto più aspro, sboccando in certi casi in regimi dittatoriali.

Per restare più strettamente ai problemi politico-istituzionali delle democrazie occidentali, sembra opportuno riaffermare l’incidenza che il complesso delle prerogative parlamentari ha (ed in modo non marginale) nell’assetto complessivo dello Stato e dei suoi poteri. Non segno esteriore della sovranità popolare, né privilegio del potere, le immunità parlamentari rispondono ancora oggi all’esigenza di tutelare l’indipendenza dell’organo, che è la massima espressione democratica della sovranità, da qualsiasi ingerenza. Tale esigenza, anzi, diviene ancora più pressante per la complessa articolazione e diffusione del potere che una moderna democrazia richiede. Emerge poi con maggiore chiarezza una valenza in positivo, che si affianca a quella classica di difesa contro le ingerenze di altri poteri. Le prerogative parlamentari, considerate nel loro complesso sistematico e cioè l’autonomia regolamentare, il potere di auto-organizzarsi, il principio degli interna corporis, l’autonomia finanziaria e contabile, il sistema di immunità personali e di sede, la verifica dei poteri e la stessa indennità parlamentare, sono tutti istituti che fanno corpo per assicurare, con disposizioni quasi sempre di rango costituzionale, lo spazio necessario alla libera esplicazione delle funzioni parlamentari. Questa straordinaria combinazione di misure – che comportano deroghe rilevanti al regime ordinario – trova fondamento da un lato nella necessità che il processo di decisione parlamentare si svolga in condizioni di assoluta e reale indipendenza, dall’altro nel ruolo centrale che il Parlamento assume rispetto agli altri poteri dello Stato. Ma altrettanto importanti, nel valutare il sistema di prerogative, sono le connessioni che possono essere fatte valere sul versante del rapporto tra popolo e Parlamento (preminenza della responsabilità politica e rispetto della volontà popolare) e su quello dei rapporti fra maggioranza ed opposizione (con le conseguenze che ne derivano sull’effettivo dispiegarsi della democrazia politica).

 

L’espressione “privilegi e immunità parlamentari” (cui altre si sono affiancate nelle diverse lingue, senza che sia possibile cogliere un criterio comune che le differenzi l’unà dall’altra in modo soddisfacente) vale a coprire tutti questi istituti, ed altri ancora di minore rilievo, operanti nei nostri ordinamenti. “Il privilegio parlamentare – specifica una celebre definizione di Erskine May – rappresenta la somma dei diritti di cui dispongono collettivamente ciascuna Camera e individualmente ciascun parlamentare per essere in condizione di esercitare le loro funzioni”. In linea di massima, i due termini sono adoperati come sinonimi, anche se si propone in qualche caso una diversificazione basata sul fatto che il primo (privilegi del Parlamento) starebbe ad indicare il complesso delle norme speciali di diritto positivo di cui gode il Parlamento; il secondo (immunità dei parlamentari) avrebbe invece un contenuto negativo, definendo la non operatività di determinate norme generali nei confronti dei soggetti immuni. Qualunque sia il reale fondamento di tale distinzione – che appare opinabile in parecchi ‘ordinamenti (e ad esempio in quello italiano) anche per il significato lessicale del termine “privilegio” — è naturalmente impossibile in questa sede dar conto di tutti i “privilegi” e le “immunità” parlamentari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se non si tiene conto del diverso ruolo attribuito dalle rispettive Costituzioni all’istituto parlamentare, è impossibile, per esempio, raffrontare gli ampi poteri di cui godono le Camere italiane in materia di autonomia regolamentare o di verifica dei poteri con il sistema francese che attribuisce invece al Consiglio costituzionale tanto il controllo preventivo della conformità alla Costituzione dei regolamenti parlamentari, quanto le decisioni sulle contestazioni elettorali. La democrazia partecipativa degli Stati scandinavi non tollera, dal canto suo, manifestazioni di supremazia troppo accentuate nella articolata organizzazione dei poteri dello Stato, né richiede norme particolari per garantire la corretta operatività del rapporto di rappresentanza politica che altrove appaiono invece tuttora indispensabili per consolidare il regime democratico e parlamentare. Eguale importanza assume il ruolo che nei singoli ordinamenti gioca l’indipendenza del potere giudiziario e l’obbligatorietà dell’azione penale. Per talune delle prerogative parlamentari, infatti, alla funzione iniziale di difesa dell’indipendenza del Parlamento contro le possibili prevaricazioni del potere esecutivo si è concretamente sostituita, in epoca più recente, la esigenza di tutelare il mandato parlamentare dalle eventuali interferenze della magistratura, la cui indipendenza è ampiamente garantita, o comunque da strumentalizzazioni che attraverso l’attività giudiziaria resta sempre possibile portare avanti. Il sistema di immunità personali assume, in tali condizioni, un significato che non può avere, ad esempio, nell’ordinamento inglese in cui una eventuale strumentalizzazione politica del processo troverebbe immediati sbocchi in sede parlamentare, per la stessa appartenenza all’esecutivo del potere di promuovere l’azione penale.

 

E’ noto che le immunità personali si concretano nella cosiddetta insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni parlamentari e nella inviolabilità che impedisce invece, a certe condizioni, la sottoposizione del parlamentare a procedimento penale, ad arresto e a limitazioni della libertà personale. Sotto il profilo giuridico la distinzione tra le due prerogative è, nella maggior parte degli ordinamenti, molto netta: la cosiddetta insindacabilità impedisce infatti il sorgere dell’antigiuridicità del fatto, è assoluta (sia perché, in generale, non può venir meno neanche per decisione del Parlamento, sia nel senso che riguarda qualsiasi procedimento penale, civile o anche, come specificato in talune Costituzioni, disciplinare) ed illimitata nel tempo, riguardando non solo i parlamentari in carica ma anche gli ex parlamentari. La inviolabilità, invece, costituisce solo un ostacolo all’avvio (o alla prosecuzione) dell’azione penale o a misure restrittive della libertà personale (come perquisizioni e arresti); può essere superata con uno speciale procedimento autorizzativo della Camera; non riguarda in generale che tutti (o alcuni) procedimenti penali; è infine limitata nel tempo, essendo strettamente collegata alla durata del mandato parlamentare o, per molti Paesi, alla sola durata della sessione.

 

L’esigenza di salvaguardare in modo assoluto la libera espressione delle opinioni e dei voti nell’esercizio delle funzioni parlamentari è così immediata ed oggettiva da comportare la ripetizione quasi testuale della medesima formula in pressoché tutte le Costituzioni. Di fatto anche le Costituzioni che non salvaguardano in altro modo la persona dei parlamentari, contengono però esplicite disposizioni dirette ad escludere che un deputato possa essere perseguito a causa delle opinioni espresse o dei voti dati in Parlamento. La garanzia – come è unanimemente riconosciuto – tutela la funzione e non il singolo parlamentare, che non può in alcun modo rinunciarvi.

 

La caratterizzazione funzionale di questa immunità è particolarmente evidente nell’ordinamento inglese e, più in generale, in tutti quegli ordinamenti che: 1) estendono tale garanzia a quanto viene detto in Parlamento anche da parte di non parlamentari (così in Olanda essa si estende ai Ministri e ad alcune categorie di funzionari governativi espressamente indicati dalla legge; in Irlanda ai funzionari ed esperti che coadiuvano il lavoro delle Commissioni parlamentari; in Gran Bretagna a tutti coloro — testimoni, consiglieri, firmatari di petizioni — che siano ascoltati dal Parlamento nello svolgimento della propria attività); 2) fondano proprio su questa forma di privilegio la non punibilità della pubblicazione, in certe forme, dei resoconti parlamentari. Nessuno può dubitare — sancisce una risoluzione dei Comuni che risale al primo dicembre 1667 — che qualunque cosa una volta emanata diventi legge. Ma niente può diventare atto del Parlamento se prima non è proposto e votato. Pertanto, se una legge non può far torto ad alcuno, altrettanto deve dirsi per chi all’inizio l’abbia proposta. I membri della Camera devono essere liberi esattamente come la Camera: un atto del Parlamento non può recar danno allo Stato ed in conseguenza nemmeno lo potrà la discussione che a tale atto prelude, giacché non si ha legge senza una precedente proposta e discussione.

(…)

Sebbene risponda alle medesime esigenze di assicurare la libertà, l’autorità, l’integrità e il prestigio del Parlamento, la prerogativa della inviolabilità è sensibilmente diversa da quella dell’irresponsabilità soprattutto perché presuppone comunque nei suoi meccanismi operativi una valutazione concreta da parte del Parlamento dei diversi interessi in gioco. “La decisione relativa al mantenimento o alla revoca dell’immunità — specifica con molta incisività l’allegato 6 del Regolamento del Bundestag — è una decisione politica e non deve costituire, per sua natura, una ingerenza in una procedura in corso attraverso la quale si tratti di constatare una ragione o un torto, la colpevolezza o l’innocenza. L’essenziale di tale decisione politica è invece costituito dal raffronto fra gli interessi del Parlamento e gli interessi degli altri poteri pubblici”.

 

Come è noto, questa forma di immunità riguarda essenzialmente la sottoposizione a procedimento penale, l’arresto o qualsiasi altra forma di privazione della libertà personale e la detenzione in esecuzione di una sentenza penale. Si tratta perciò di bilanciare, sulla base di parametri che sono peraltro abbastanza diversificati nei diversi ordinamenti costituzionali, l’interesse dello Stato al perseguimento dei crimini e alla punizione dei colpevoli con gli interessi tutelati dalla prerogativa parlamentare. Per due Paesi, Gran Bretagna e Paesi Bassi, la soluzione è data in maniera molto netta dalle leggi vigenti.

 

In Gran Bretagna, l’unica immunità personale che possa avvicinarsi alla prerogativa dell’inviolabilità è quella che tutela i parlamentari da ogni atto di privazione della libertà personale nei procedimenti civili. Nei Paesi Bassi non esiste alcuna forma di inviolabilità, essendo stata abolita nel 1848 l’autorizzazione a procedere prevista in certi casi ed avendo una legge del 1884 equiparato i parlamentari a tutti i cittadini per ciò che riguarda il perseguimento dei reati comuni. I reati connessi all’esercizio del mandato parlamentare sono però giudicati dalla Corte Suprema.

 

Per gli Stati in cui esiste invece una qualche forma di inviolabilità sembra opportuno fare una distinzione a seconda che essa riguardi l’arresto, la detenzione o altre forme di limitazione della libertà personale ovvero attenga al divieto di sottoporre, senza autorizzazione della Camera, i parlamentari a procedimento penale. Nel primo caso la prerogativa appare diretta prevalentemente a non intralciare i lavori parlamentari: viene soprattutto in rilievo l’interesse del Parlamento a salvaguardare, attraverso la tutela della libertà personale dei deputati, la propria integrità. Nel secondo, l’esigenza sembra piuttosto quella di non esporre il parlamentare ad ingerenze esterne che ostacolino, anche solo attraverso una indebita lesione del suo prestigio personale o il pericolo di coartazione indiretta della sua volontà, l’esercizio del mandato.

L’accettazione nell’opinione pubblica del sistema di immunità e la resa dei singoli istituti fin qui delineati variano da paese a paese. In Italia la difficile opera di bilanciamento che è devoluta alle Camere non è sempre riuscita; soprattutto in passato, si sono verificati talora abusi che hanno portato alla luce squilibri, tensioni e rigidità denunciati da alcuni settori dell’opinione pubblica fino al punto che a taluni l’intero sistema dell’immunità dal procedimento penale è apparso come un inaccettabile privilegio personale dei parlamentari in contrasto con il principio di eguaglianza.

 

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