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Il caso Regeni: governi senza vergogna, uomini senza coscienza

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Più di un anno fa Carlo Bonini scriveva su Repubblica che la Casa Bianca aveva avvisato il governo Renzi riguardo la consapevolezza della leadership egiziana delle circostanze della morte di Giulio Regeni. Questo fatto viene confermato di recente dal giornalista americano Declan Walsh, che ha ricevuto conferma da tre fonti dell’amministrazione Obama.

Tuttavia l’informazione sarebbe arrivata al governo Renzi in modo incompleto, perché per non svelare le sue fonti, la Casa Bianca non ha voluto dire di quale agenzia di sicurezza egiziana si trattasse. Un funzionario americano afferma: “Non avevo alcun dubbio che i vertici sapessero. Non so se avessero delle responsabilità, ma di sicuro sapevano tutto.”

 

Dietro questa frase si legge tutta la superficialità del governo USA: il governo egiziano, che era cosciente che Regeni era stato assassinato e intendeva insabbiare il caso, ha la stessa responsabilità di chi si è sporcato le mani del suo sangue. Questo discorso vale anche per il governo statunitense, che ha collaborato con le indagini nella misura in cui poteva mettersi a posto la coscienza, ma senza esporsi e correre il rischio di ripercussioni sui servizi segreti americani.

Ma il discorso vale in particolare per il governo Renzi che, una volta appresa la notizia, ha ritenuto che il caso entrasse in contrasto con altre priorità, quali l’aiuto dell’Egitto nella gestione dello stato islamico, del conflitto in Libia e del flusso dei migranti.  Ma soprattutto le indagini sul caso Regeni ostacolavano le trattative per il commercio di un bene sommo, infinitamente superiore alla vita umana: il gas naturale, di cui era stato recentemente scoperto il giacimento di Zohr.

Un bene che, se fosse venuto meno a causa del deterioramento dei rapporti internazionali, avrebbe provocato ingenti danni all’Eni. Per ovviare a questo rischio, secondo un funzionario della Farnesina, l’Eni avrebbe unito le forza con i servizi segreti italiani per arrivare a una veloce conclusione del caso, così da non intralciare gli accordi internazionali.

Disorienta osservare come i servizi segreti, che dovrebbero lavorare per la giustizia, scendano invece a patti con gli imprenditori, nascondendosi dietro un’istituzione.

Quale sarebbe allora la colpa di Regeni, che ancora non era nessuno? Quella di essersi opposto a questo meccanismo: difendeva i lavoratori egiziani, minuscole rotelle nella grande macchina dello stato, e così facendo si è messo contro chi aveva il potere, ma soprattutto gli strumenti per difenderlo. Il governo egiziano aveva tutto l’interesse ad eliminare Regeni, a far sì che i lavoratori non venissero sensibilizzati sulle loro condizioni, sui loro diritti.

Non era un uomo contro un altro uomo, ma un uomo contro uno stato; e quante volte gli stati insabbiano e fagocitano ingiustizie su ingiustizie per un becero interesse economico? Troppe. E troppe volte i rapporti tra uomini e stati sono regolati da forze di natura economica, mosse da uomini protetti dal loro potere e dalla loro posizione. Sono forze che non conoscono il valore di una vita umana, sono governi che non hanno più vergogna di niente, e soprattutto sono uomini senza più una coscienza capace di difendere le ingiustizie.

Sara Gualandi

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