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DZeta Inveruno: rigettato il ricorso del lavoratore pakistano

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

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INVERUNO –  La vicenda della DZETA  fa segnare un punto a favore dell’azienda rispetto alla ‘querelle’ in atto da qualche mese con il sindacato di base dei CUB e che aveva portato, tra l’altro, sotto Natale e nelle settimane immediatamente successive, ad una vera e propria serrata.

E’ di questi giorni, infatti, il rigetto del ricorso presentato davanti al Tribunale del Lavoro di Milano, da parte dell’ex dipendente di origini pakistane che i titolari della DZETA hanno licenziato a causa di una vera e propria ‘manomissione’ della macchina utilizzata per il trattamento del pellame.

Ricordiamo a questo proposito che la famiglia Dimitri con la propria azienda svolge un’attività per conto terzi in quella che un tempo – l’area compresa tra Inveruno e Turbigo – era una sorta di ‘distretto’ delle concerie dell’Alto Milanese. La dottoressa Eleonora Porcelli ha così stabilito che da parte dei titolari non c’è stato alcun comportamento discriminatorio nei confronti dei lavoratore di origine straniera.

Ma ricordiamo la vicenda. Ai primi di dicembre le prime proteste. I Cub  sostengono che il lavoratore sarebbe stato lasciato a casa perchè iscritto al sindacato di base  che aveva intanto fatto proseliti in azienda. In realtà la versione dell’azienda è totalmente opposta. “Abbiamo sorpreso il lavoratore a ‘manomettere’ l’attrezzatura per il trattamento del pellame con un rischio per l’incolumità propria e degli altri”. Da qui la decisione dei titolari anche di chiudere uno spazio – non si può parlare di locale mensa perchè di fatto non c’è mai stato – utilizzato da alcuni operai per consumare il pasto nella pausa pranzo. I Cub insistono e sostengono che anche questa decisione altro non sarebbe che una sorta di ‘punizione’ nei confronti dei lavoratori pakistani che tengono duro nella protesta. Massimiliano Dimitri e gli altri famigliari negano tutto. Però, intanto, debbono fare i conti con un andamento dell’attività a singhiozzo – la piccola fabbrica ha meno di 15 dipendenti – che li costringe a dover ‘appaltare’ fuori alcune commesse non riuscendo più a garantire la puntualità nella realizzazione dei lavori a causa, appunto, delle continue agitazioni.  I mesi di gennaio e inizio febbraio sono i più difficili per la DZETA. Le altre organizzazioni sindacali prendono le distanze soprattutto perchè c’è il rischio che salti l’intera attività con le ovvie ricadute sul piano occupazionale. Seguono alcuni contatti con l’intervento dello stesso sindaco Sara Bettinelli (nella foto sopra). La vicenda poi poco alla volta si ‘sgonfia’. L’ultimo atto l’altro giorno con il Giudice del Lavoro che dà ragione alla famiglia Dimitri.

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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