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Ancora sul lupo nel Parco, la riflessione di Andrea Reversi

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Attenzione: questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie.

Potrebbe contenere informazioni obsolete o visioni da contestualizzare rispetto alla data di pubblicazione.

Sul tanto discusso e dibattuto ritorno del lupo  nella valle del Ticino, accogliamo la riflessione di Andrea Reversi (consigliere comunale a Cisliano ed esperto in materia)

Recentemente si è fatto un gran parlare del ritorno del lupo in Valle.

Non che non lo si sapesse, almeno tra chi la Valle la vive (no, non dico gli addetti ai lavori, quelli del Parco, che probabilmente sono troppo impegnati a gestire l’Ente Parco per accorgersi di quanto accade nell’omonima valle), ma l’ammissione della presenza stabile del grande predatore da parte del Megadirettore Galattico Peja (per dirla alla Fantozzi)  con tanto di video e titoloni sui giornali ha tenuto banco per più di una settimana.

Occorre però fare un po’ di chiarezza perché, tra annunci festanti di chi già sente tintinnare i denari che la presenza del lupo potrebbe portare nelle tasche del Parco e chi gioisce della sua presenza senza di questo nulla sapere, in questi giorni, soprattutto sui social, se ne sono viste davvero di ogni.

Saltando le premesse relative alla specie canis lupus (Linnaeus, 1758) e ai relativi cenni di biologia preme soltanto sottolineare che in Italia il lupo ha avuto la sua massima contrazione storica negli anni ’70 del secolo scorso quando, vicino all’estinzione, (nonostante l’allora popolazione italiana rappresentasse comunque la più grande popolazione di lupo dell’Europa occidentale) ne è stato sancito lo status di animale protetto.

Da allora, fatto incontrovertibile, la popolazione di lupo è in continuo aumento e sta gradualmente ricolonizzando parte del suo areale originario. 

Per questo la ricomparsa del canide nella valle del Ticino non dovrebbe stupire più di tanto.

Ciò detto, di per se la sua presenza, a parte essere l’ennesima riprova del ruolo di connessione ecologica svolto dall’asta fluviale e dalle zone boscate perifluviali, non andrebbe registrata né come un fatto positivo per il quale festeggiare né come un fatto totalmente negativo per il quale preoccuparsi. Almeno fino a quando il numero di lupi, che presumibilmente è superiore all’uno o due citati dal Parco, non raggiunga densità superiori a quelle attuali.

Il lupo c’è, e ora lo sa anche il Parco e con lui la massa.

Ora però occorre ragionare su cosa questa presenza comporti e comporterà nel medio-lungo termine.

Bastrebbe avere coscienza di quel che accade nel resto d’Italia per aver chiaro che il lupo è una risorsa che diviene sempre di più un problema ovunque le densità ne fanno percepire la presenza.

Presenza percepita per lo più tramite le predazioni , principalmente ma non solo, sugli animali da reddito.

Il tipo di allevamento praticato nei territori compresi nel Parco e la presenza del tutto marginale della pastorizia, dovrebbero però limitare i danni in questo ambito.

Ma i lupi mangiano, e non nutrendosi né di erba né di radici, indirizzeranno quindi le loro attenzioni principalmente sugli ungulati selvatici.

Ragionando sul medio periodo emergono due grandi incognite sulle quali un parco degno di questo nome dovrebbe quantomeno riflettere.

Come reagirà in termini di numeri la popolazione di caprioli originatasi dal progetto di reintroduzione di inizio anni 90, uno dei meglio riusciti nella storia del Parco, e come agirà in termini di areale quella di cinghiali.

Si proprio quegli stessi cinghiali a cui il lupo, a detta di chi si è affannato a trovare una giustificazione alla sua presenza, dovrebbe porre freno nella loro espansione incontrollata.

Si potrebbe ipotizzare, ma è solo un ipotesi mutabile da altri contesti profondamente diversi dal nostro, che l’aumento dei lupi e della conseguente predazione sui cinghiali, spinga gli stessi, solitamente poco inclini a diventare il pasto di un lupo, a cercare areali più tranquilli. Tranquilli proprio perché al di fuori della zona a parco naturale e quindi maggiormente antropizzati, con le conseguenti problematiche su agricoltura e viabilità.

In un paese come l’Italia che ha oltre 220 abitanti per km2 ed è dunque ampiamente sovrappopolato in confronto ad altri aventi densità di gran lunga inferiori, per non parlare dell’Est Ticino la cui densità media è ancora maggiore, lo scopo dovrebbe essere  quello di avere un numero di lupi che garantisca l’agevole sopravvivenza della specie e che sia, al tempo stesso, compatibile con il territorio, con le attività umane presenti e con l’altra fauna meritevole anch’essa di tutela.

Insomma, al posto di urlare “Al lupo, al lupo!” per tutta la Valle ( non importa se con tono terrorizzato o festante), non resta cheauspicare e pretendere, fin da subito, una buona gestione dettata dal buon senso e non qualche ideologia . Ricordando però che una buona gestione passa necessariamente per l’individuazione di una densità obiettivo sensata, raggiunta la quale non resta che “contenere” la dimensione della popolazione. 

Si tratti di nutrie, cinghiali o lupi. 

Andrea Reversi, consigliere comunale con incarico al territorio del Comune di Cisliano, collabora in qualità di operatore faunistico e guardia venatoria con la Città Metropolitana di Milano. Recentemente è stato nominato come rappresentante di Regione Lombardia all’interno del Comitato di Gestione dell’ATC “Oltrepo Sud 5”.

Andrea Reversi

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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